Nel febbraio 1968, dopo la morte di due netturbini di colore causata da un camion della nettezza urbana malfunzionante, circa 1.300 dipendenti afroamericani del Dipartimento dei Lavori Pubblici di Memphis entrarono in sciopero. Organizzarono comizi e marce con lo slogan “I am a man” (sono un uomo) per chiedere il riconoscimento del loro sindacato, più sicurezza sul lavoro e un salario dignitoso.
Convinto che per proseguire la lotta nonviolenta per la giustizia sociale fosse necessario sostenere il movimento, Martin Luther King jr fu presente a Memphis in più occasioni per sostenere quelle rivendicazioni. Fino al 3 aprile, quando centinaia di lavoratori della nettezza urbana accorsero ad ascoltare il suo comizio. L’ultimo.
Negli anni precedenti aveva già subito un attentato alla sua vita e la consapevolezza dei rischi che continuava a correre imperterrito è tutta in quel suo ultimo discorso pubblico: “Sono arrivato a Memphis e qualcuno ha iniziato riferirmi o a parlare delle minacce che circolano. Cosa potrebbe farmi qualche fratello bianco malato?
Beh, non so cosa succederà ora. Ci aspettano giorni difficili. Ma per me non ha importanza, perché sono stato in cima alla montagna.
E non mi importa. Come tutti, vorrei vivere a lungo. La longevità ha il suo posto. Ma ora non mi preoccupo di questo. Voglio solo fare la volontà di Dio. Lui mi ha permesso di salire sulla montagna. Ho guardato oltre. E ho visto la Terra Promessa. Forse non ci arriverò con voi. Ma voglio che sappiate stasera che noi, come popolo, arriveremo alla Terra Promessa!”
Il cammino di Martin Luther King jr, costellato di iniziative nonviolente, dimostra quanto siano imprescindibili i diritti umani, in primis quelli civili. È grazie all’adozione del Civil Rights Act del 1964, con cui la comunità afroamericana conquistò il diritto di voto, il diritto all’istruzione, l’abolizione della segregazione, che il reverendo King fu in grado di elevare la battaglia al livello successivo, quello dei diritti sociali, dei diritti sindacali.
Un processo di maturazione per se stesso, per i cittadini di colore e per gli Stati Uniti assolutamente straordinario. Una crescita positiva anche in chiave interna alla stessa comunità afroamericana: il metodo nonviolento che aveva fruttato tali evidenti successi si confermava valida alternativa a quello violento predicato da Malcolm X o dal movimento delle Black Panthers.
Il suo cammino fu interrotto l’indomani, il 4 aprile 1968, di fronte al motel in cui alloggiava. Non aveva 40 anni.
Matteo Angioli