L’avvicendamento all’ambasciata russa d’Italia dovrebbe far discutere e prendere provvedimenti.
Ci lascia dopo 10 anni Sergey Razov, che si è distinto per le querele e le minacce a giornalisti italiani che osavano scrivere parole di verità contro la disinformatia del Cremlino e contro una guerra ibrida che, per chi la voleva vedere, era evidente da molti anni. Dell’ambasciata russa si è occupato anche l’antiriciclaggio di Bankitalia chiedendo conto di giri di contanti di circa 1 milione di euro. Potrebbe essere una buona notizia la sostituzione di Razov ma non lo è affatto.
All’ambasciata di Roma arriva infatti Aleksej Paramonov, che forse non tutti sanno chi sia ed è per questo che occorre ricordarlo. Paramonov, estremo e strenuo difensore dell’attacco criminale di Putin in Ucraina, è colui il quale ha minacciato l’Italia di “conseguenze irreversibili” se il nostro Paese avesse seguito l’Unione Europea nel sostegno alle sanzioni contro l’aggressione militare. È il falco del Cremlino che ha duramente attaccato e minacciato l’allora Ministro della difesa italiana Lorenzo Guerini. È l’uomo di Mosca che ci ha definiti essere “uno dei Paesi più ostili” e che ha rivendicato la missione “Dalla Russia con amore” durante l’epoca Covid, nella quale il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva malauguratamente concesso ai militari russi di scorrazzare indisturbati nelle nostre strade mentre eravamo tutti reclusi in casa. Radicali Italiani per primo e, allora da solo, denunciava questo sconcio.
Il signor Paramonov non è però solo un compare del ricercato internazionale Vladimir Putin, è anche colui al quale il nostro Paese ha dato ben due onorificenze. Non è il solo purtroppo, dato che fino a metà del 2022 erano oltre 30 i russi legati direttamente o indirettamente al regime a esserne insigniti. Radicali Italiani, con l’impegno encomiabile, tenace e costante del nostro membro di giunta Giulio Manfredi, ha sollevato il caso dal 2020, ben prima dell’invasione del 24 febbraio 2022. Dopo decine di comunicati, lettere aperte ai vari ministri degli Esteri che si sono succeduti e al Presidente Mattarella, dopo una interrogazione di Riccardo Magi in Parlamento, nella scorsa estate in due tornate 14 onorificenze sono state ritirate “per indegnità”. Restano incomprensibilmente intatte, tra le altre, quelle date al portavoce di Putin, Dmitry Peskov (Commendatore Ordine al merito della Repubblica italiana), che ogni giorno detta alle agenzie comunicati di fuoco contro l’Occidente, Italia compresa, e quelle, appunto, a Paramonov, nuovo ambasciatore russo in Italia: nel 2018 Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica italiana, nel 2020 Commendatore dell’Ordine della stella d’Italia.
In una ennesima nota inviata oltre un mese fa al Ministro degli esteri Tajani e al Presidente Mattarella era stata chiesta la revoca “per indegnità” di tutte le onorificenze suddette entro il 24 febbraio 2023, anniversario dell’invasione russa. Ma nulla è accaduto, nulla è stato fatto.
A compensazione delle decine di onorificenze assegnate a esponenti del regime russo, che sta dimostrando in Ucraina la sua natura terroristica e criminale, sarebbe opportuno assegnare onorificenze della Repubblica Italiana a cittadini russi attualmente incarcerati per avere avuto il coraggio di opporsi pubblicamente a tale regime: Aleksei Navalny, Aleksei Gorinov e Ilya Yashin sono persone che a nostro modesto avviso lo meritano. Sarebbe un riconoscimento importante e un segnale di attenzione concreto a chi lotta in Russia, in condizioni difficilissime per assicurare anche a quel Paese, come all’Ucraina, libertà, democrazia e Stato di Diritto.
Igor Boni, Presidente Radicali Italiani