Violentata sessualmente in gravidanza e indotta all’aborto per le violenze della polizia del regime: questa la tragica rivelazione di Yeilis Torres, ex detenuta politica della dittatura castrista e da poco riconosciuta come rifugiata negli Stati Uniti dopo una lunga procedura burocratica.
Yeilis, per anni attivista della Unione Patriottica Cubana UNPACU, era stata vittima di detenzione per motivi politici per quasi un anno a Cuba, e oggi è finalmente libera di poter raccontare l’orrore delle condizioni di carcerazione in cui ha vissuto, tra violenze, aggressioni, torture psicologiche e altre violazioni dei diritti umani fondamentali. “Mi hanno prelevata e portata in un’altra cella, e lì sono entrate queste due persone, e mi hanno fatto di tutto…quello che non potevano fare, lo hanno fatto. Loro sapevano che ero incinta, mi avevano già fatto tutte le analisi, prove di gravidanza, sapevano che ero incinta, e nonostante ciò, hanno fatto quello che hanno fatto. Poco dopo, ho avuto dolori, ed ho avuto un aborto. Mi hanno sempre detto che potevo tornare a casa se facevo un video di scuse a Humberto Lopez…e tale era la volontà di rivedere le mie bimbe, che accettai di fare il video…ho letto un foglio già scritto da loro, e lo hanno per silenziarmi successivamente”.
Yeilis è stata una delle migliaia e migliaia di vittime di detenzione politica, utilizzata come arma di repressione dal regime castrista quotidianamente da decenni. Attualmente, sono più di mille i detenuti politici nell’isola dell’inferno castrista, come denunciato periodicamente dall’ONG Prisoners Defenders e dal suo presidente, Javier Larrondo, membro del Global Committee for the Rule of Law “Marco Pannella”.
Andrea Merlo
fonte: Radio Television Martì (USA)
Yeilis Torres, former Cuban political prisoner reveals, “I was raped and induced to have an abortion in prison”
Sexually abused while pregnant and induced to abortion by regime police violence: this is the tragic revelation of Yeilis Torres, a former political detainee of the Castro dictatorship and recently recognized as a refugee in the United States after a lengthy bureaucratic process.
Yeilis, for years an activist with the Cuban Patriotic Union UNPACU, had been a victim of political detention for nearly a year in Cuba, and today she is finally free to recount the horror of the conditions of imprisonment in which she lived, amid violence, assaults, psychological torture and other violations of basic human rights. “They picked me up and took me to another cell, and there these two people came in, and they did everything to me…what they couldn’t do, they did. They knew I was pregnant, they had already done all the tests, pregnancy tests, they knew I was pregnant, and yet, they did what they did. Shortly after that, I had pains, and I had an abortion. They always told me that I could go home if I made an apology video to Humberto Lopez…and such was the desire to see my babies again, that I agreed to make the video…I read a paper that they had already written, and they had it to silence me afterwards.”
Yeilis was one of thousands upon thousands of victims of political detention, used as a weapon of repression by the Castro regime on a daily basis for decades. Currently, there are more than a thousand political detainees on the island of Castro hell, as reported periodically by the NGO Prisoners Defenders and its president, Javier Larrondo, a member of the Global Committee for the Rule of Law “Marco Pannella.”
Andrea Merlo
source: Radio Television Martì (USA)
