Secondo comunque il rapporto generale (Online Segment of the 2023 World Drug Report) dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Office on Drugs and Crime) e quello più specifico sulla cocaina (Global Report on Cocaine 2023) pubblicati il 16 marzo scorso, la evoluzione della geopolitica della droga per il 2023 non riguarda solo le ristrutturazioni delle organizzazioni (The Global News) e la ricerca di nuovi punti di ingresso (The Global News).
L’aumento dell’offerta mondiale di cocaina “dovrebbe metterci tutti in massima allerta”, ha dichiarato il direttore esecutivo dell’agenzia delle Nazioni Unite, l’egiziana Ghada Waly, dopo aver diffuso i dati. “Il potenziale per l’espansione del mercato della cocaina in Africa e in Asia è una realtà pericolosa. Esorto i governi e altri a considerare attentamente i risultati del rapporto per determinare come questa minaccia transnazionale possa essere affrontata con risposte transnazionali basate sulla consapevolezza, prevenzione e la cooperazione internazionale e regionale”. Come ha ricordato, infatti, gli attuali mercati “coprono solo un quinto della popolazione mondiale”. E già in Europa occidentale e centrale i livelli di purezza e i prezzi della cocaina si sono armonizzati al livello Usa, anche il consumo è ancora minore.
Intanto, i paesi dell’Europa sudorientale e dell’Africa, e in particolare quelli dell’Africa occidentale e centrale, sono già sempre più utilizzati come aree di transito chiave per la droga. Il rapporto fotografa anche come i porti del Mare del Nord come Anversa, Rotterdam e Amburgo avessero eclissato i tradizionali punti di ingresso in Spagna e Portogallo per la cocaina che arriva nell’Europa occidentale, anche se abbiamo appunto visto come le ultimissime cronache evidenzino il nuovo ruolo di Russia e Norvegia. Rispetto alla divisione del lavoro che si era attestata dopo gli anni ’90 tra la rotta della cocaina Colombia-Messico-Usa e quella Perù e Bolivia-Brasile-Africa Occidentale-Europa c’è anche un crescente ruolo dell’America Centrale, sia verso gli Usa che verso l’Europa. C’è una frammentazione crescente del panorama criminale in una miriade di reti di trafficanti.
Parte della più generale ottimizzazione produttiva, c’è inoltre il sempre maggior utilizzo dei residui della lavorazione della cocaina per la fabbricazione della pasta base: una droga molto economica, dannosa e creatrice di dipendenza, ormai sempre più popolare in Centro e Sud America.
In Colombia la smobilitazione dei combattenti delle Farc, che controllavano molte delle regioni di coltivazione della coca del paese, ha aperto la strada ad altri attori locali: ex guerriglieri delle stesse Farc, ma anche gruppi stranieri dal Messico e dall’Europa. In particolare, sono proliferati i cosiddetti “fornitori di servizi”: gruppi specializzati che forniscono i loro servizi in tutte le fasi della catena di fornitura in cambio di una commissione. Secondo il rapporto, “questi gruppi stranieri non intendono ottenere il controllo del territorio. Invece, stanno cercando di rendere più efficienti le linee di rifornimento. La loro presenza contribuisce a favorire la coltivazione della pianta di coca ea finanziare tutte le fasi dell’approvvigionamento”.
La Colombia continua a dominare le rotte del traffico verso il Nord America, dove la maggior parte della cocaina è colombiana. La cocaina dalla Bolivia e dal Perù ha invece come percorso più comune la rotta del Cono Sud attraverso il Paraguay e il corso d’acqua Paraná-Paraguay. I gruppi criminali, spesso provenienti dal Brasile, usano gli aerei per attraversare il confine e poi risalgono il fiume fino all’Atlantico.
Spesso confuso con la pasta base, il crack è in realtà un prodotto differente. Più economica, la pasta base si ottiene dai residui delle foglie che rimangono nel recipiente sotto forma di crosta, e che contengono ancora alcaloidi della pianta non lavorati e raffinati. Estratti con carbonato di potassio, cloroformio o etere, sono poi mescolati con cherosene o acido solforico. In alternativa, la pasta base si può ottenere anche dalla macerazione delle foglie di coca nelle stesse sostanze. In ogni caso, è prodotta in una fase precedente alla raffinazione della coca, oppure è ottenuta dagli scarti di questa lavorazione. Fumata con pipe fatte in casa a partire da lattine o antenne televisive, o mescolata a tabacco o marijuana, è altamente tossica proprio a causa delle sostanze chimiche utilizzate nella sua lavorazione.
Il crack, invece, deriva dalla cottura di cloridrato di cocaina con bicarbonato di sodio, da cui si ottiene una massa solida, a forma di pietra biancastra, che a sua volta viene spezzata in più frazioni. Il suo nome è un’onomatopea che deriva dall’effetto sonoro che si produce riscaldando le pietre con l’accendino, il cui calore scioglie il cloridrato di cocaina liberandolo dal bicarbonato e provocando un suono di rottura. Fumato in pipe o tubi di vetro, il crack dà una sensazione di intensa euforia che si manifesta molto più velocemente rispetto a quando si inala la polvere. Un tempo tipico degli Usa e attestato nel Regno Unito, adesso il suo consumo è in aumento in diversi paesi dell’Europa occidentale. In particolare, Belgio, Francia e Spagna, che hanno registrato bruschi aumenti nel numero di utenti che hanno iniziato il trattamento dal 2017 o 2018. Ma l’Italia ha mostrato un aumento: lento, però costante.
Il rapporto indica poi che l’uso dei servizi di pacchi e corrieri è aumentato in modo significativo durante i blocchi legati al Covid, per il fatto che durante le restrizioni sui voli passeggeri i trafficanti non potevano fidarsi di loro per il trasporto della droga sugli aerei. Alcuni paesi dell’Africa occidentale hanno registrato un aumento significativo del contrabbando di piccole quantità di cocaina verso l’Europa e altri paesi attraverso la posta, mentre dal Costa Rica c’è stato un traffico verso l’Asia, l’Africa e l’Europa con la droga nascosta in merci come i libri, immagini religiose e pezzi di ricambio per autoveicoli.
L’agenzia delle Nazioni Unite osserva comunque che la pandemia potrebbe aver accelerato la tendenza, ma i trafficanti avevano già aumentato il loro uso dei servizi postali internazionali per contrabbandare la cocaina in Europa, mentre i dati di Spagna e Argentina indicano un declino a lungo termine dell’uso dei corrieri della droga. sui voli passeggeri. Entrambi i Paesi hanno registrato casi di grosse spedizioni con bagagli non accompagnati.
Maurizio Stefanini*
*Roma, 1961. Giornalista e saggista, moglie e due figli, specialista in America Latina