Non solo il Venezuela durante la presidenza di Nicolás Maduro si è trasformato da Paese di transito in Paese produttore di cocaina: al di là di un problema generale di corruzione che il regime ormai ammette nel momento in cui 61 pezzi grossi del regime sono stati arrestati per uno scandalo relativo alla società petrolifera di Stato Pdvsa, e ancora non si sa che fine ha fatto l’ex-ministro del Petrolio e ex-vicepresidente Tareck El Aissami (anche se la cosa è chiaramente collegata a una faida interna al sistema di potere); al di là della necessità di trovare risorse nel momento in cui l’inefficienza di gestione più ancora delle sanzioni Usa ha praticamente fatto venir meno la risorsa petrolifera; ci sarebbe una vera e propria strategia per lanciare una guerra asimmetrica contro gli Stati Uniti.
Il primo dato è denunciato (InSight Crime) (InSight Crime) ad esempio da InSight Crime (InSight Crime): una organizzazione giornalistica e investigativa senza scopo di lucro specializzata in criminalità organizzata in America Latina e nei Caraibi, con uffici a Washington, DC e Medellín, in Colombia. Il secondo è denunciato dal think tank statunitense Center for a Secure Free Society (SFS) in uno studio pubblicato nel settembre 2022 (SFS).
La trasformazione del Venezuela in Paese produttore di droga è un’accusa che viene anche dalle autorità Usa, tant’è che proprio per impitazioni di narcotraffico venite dalla Dea fin dal 2020 (DEA) Maduri pur invitato dal governo argentino non se la è sentita di recarsi all’ultimo vertice della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (Celac) a Buenos Aires, per paura che qualche magistrato locale emettesse un ordine di arresto.
Nel 2005 Hugo Chávez ha deciso di porre fine all’accordo di cooperazione antidroga tra il Venezuela e la Dea. Le accuse contro il governo di Caracas per i suoi presunti legami con operazioni finanziarie legate al traffico di droga sono aumentate di intensità durante il mandato di Nicolás Maduro, che è già al potere da 10 anni. Vero che il volume della coltivazione della foglia di coca in Venezuela, rappresentato in alcune centinaia di ettari, è ancora molto inferiore a quello della Colombia, il più grande produttore al mondo con 200.000 ettari, del Perù, con 20.000 ettari, o della Bolivia, con quasi 10.000. Alcune fonti sottolineano che, più che le coltivazioni, sono proliferati i laboratori di trasformazione, soprattutto negli Stati di pianura, come Cojedes, o nella parte orientale del Paese.
“Il traffico di droga ha acquisito importanza come componente delle strategie di Maduro per aggrapparsi al potere di fronte agli attacchi subiti dal suo governo”, afferma Insight Crime. “Il suo obiettivo non è stato quello di appropriarsi delle ricchezze del commercio transnazionale di cocaina, ma di controllarne e incanalarne il flusso, utilizzandolo come meccanismo per premiare i poteri politici, militari e criminali di cui Maduro ha bisogno per mantenere il controllo del governo”.
L’esistenza di zone di coltivazione di marijuana, papavero e foglie di coca è stata documentata nelle zone di confine con la Colombia: nella Sierra de Perijá, a sud del lago di Maracaibo, nello Stato di Amazonas e nell’Alto Apure. Repressione e disastro economico hanno generato una diaspora di ben 7,1 milioni di profughi, e molti emigranti venezuelani bisognosi vengono reclutati come manodopera da gruppi irregolari nelle zone di confine.
Il business e la gestione della produzione locale di stupefacenti, un tempo a forte presenza colombiana, è gradualmente passata in mani venezuelane, anche se sembra indiscutibile la presenza di dissidenti delle Farc e dell’Esercito di liberazione nazionale colombiano (Eln), nel proteggere e promuovere molti di questi attività. Gli effetti del Plan Colombia, insieme agli accordi di pace, ha prodotto un significativo spostamento di gruppi armati colombiani in Venezuela.
A gestire il tutto è il cosiddetto Cartel de los Soles, così chiamato per il simbolo del sole dei militari venezuelani. Non è una organizzazione criminale gerarchica di tipo classico, che può uccidere selettivamente persone sotto il comando di un boss, come accade in Colombia o in Messico. Viene piuttosto definita come una fitta rete di soldati che fanno affari con i narcotici, e che sono tollerati dal governo in cambio del sostegno alla rivoluzione. Il che non vuol dire che ogni tanto le autorità non intervengano contro narcos, anche duramente. Ma più oi meno con lo stesso criterio selettivo per cui mla corruzione in Pdvsa è stata tollerata per anni, salvo poi scattare la “pulizia” quando El Aissami è stato sospettato di cospirare contro Maduro.
Secondo lo Sfs, il regime venezuelano e il Cartel de los Soles sono arrivati a distribuire circa 450 tonnellate di cocaina, su un mercato globale di circa 1.800 tonnellate. Cioè, da una quota di circa l’1% del mercato mondiale che aveva nel 2010 sarebbe passato a circa il 25% di oggi. Secondo il suo rapporto, “il traffico di droga può esistere per scopi diversi dal profitto”. “Ciò è particolarmente vero se consideriamo la Rivoluzione Bolivariana del Venezuela, inizialmente impegnata nello sviluppo e nel dispiegamento di droghe illecite ai fini della guerra asimmetrica contro gli Stati Uniti”.
Lo studio attribuisce a Chávez l’iniziativa di aver normalizzato le reti di traffico di droga e il transito di cocaina prodotta in Colombia, Perù e Bolivia attraverso il Venezuela, trasformando il paese sudamericano in una “superstrada della cocaina”. Chávez concesse ai militari a lui leali, che divennero noti come Cartel de los Soles, la giurisdizione esclusiva su porti, aeroporti, ferrovie, autostrade e territori in generale, in modo che i profitti derivanti dalla distribuzione della droga andassero al regime. L’Sfs aggiunge che a causa della sua dipendenza dalla cocaina, il regime di Maduro ha stretto legami profondi con i cartelli messicani di Jalisco Nueva Generación e Sinaloa.
Nel traffico sta di mezzo anche Hezbollah, stretta alleata del regime di Caracas. Il rapporto Sfs rileva inoltre che gli agenti di Maduro hanno ricevuto un addestramento di controspionaggio da Cuba, Russia, Iran e Cina, dando loro una capacità avanzata di usare l’inganno in molte delle loro operazioni per penetrare nei governi avversari come in Colombia e negli Stati Uniti. E di mezzo c’è pure la Wagner, che è presente in Venezuela con almeno 400 uomini, e che ha partecipato alla repressione contro la rivolta seguita alla decisione di Maduro di rispondere alla vittoria dell’opposizione alle elezioni politiche facendo un golpe contro l’Assemblea Nazionale.
Le rotte della cocaina in Venezuela attraversano quasi tutti gli stati. La maggior parte delle spedizioni inizia il viaggio in Colombia prima di raggiungere Zulia, Táchira, Apure e Amazonas. Alcune spedizioni lasciano la regione di confine su piccoli aerei, altre continuano il loro viaggio via terra. Da lì, la cocaina va a nord, in America centrale o nelle isole dei Caraibi, oa sud-est, in Brasile, Guyana o Suriname, per finire a rifornire i due maggiori mercati di cocaina: gli Stati Uniti e l’Unione Europea.
Maurizio Stefanini*
*Roma, 1961. Giornalista e saggista, moglie e due figli, specialista in America Latina