Juan Guaidò, a poche ore dal suo arrivo negli Stati Uniti a seguito dell’espulsione dalla Colombia, intervistato dal prestigioso canale colombiano Semana, accusa duramente Bogotà: “ho dovuto abbandonare la Colombia, sostanzialmente forzato dal governo Petro – ha precisato Guaidò – e non è vero che avevo già il biglietto per gli Stati Uniti; mi è stato fornito dalle autorità americane dopo il trattamento che ho ricevuto da Bogotà, proprio per offrirmi sicurezza fisica”.
L’ex presidente ad interim ha anche aggiunto che ha lasciato il Venezuela “perché perseguitato dal regime di Maduro, e cercavo in Colombia riparo dalla repressione”. In Colombia, ho rischiato di essere deportato addirittura in Venezuela, E’ stata una minaccia velata, indiretta, da parte del governo colombiano”. Sull’accusa del governo di Bogotà di essere entrato illegalmente in Colombia, il leader anti-Maduro ha specificato che “mai avevo ricevuto questo trattamento da un governo colombiano. Non capisco perché il ministro degli esteri Leyva mente, quando sostiene che non avevo un divieto di uscita dal Venezuela, e alludendo che potevo lasciare il mio Paese regolarmente”. L’oppositore si dimostra particolarmente sorpreso di aver ricevuto quello che definisce un “trattamento minatorio”. Responsabilità del quale, secondo Guaidò, sarebbe da attribuirsi “alla relazione tra Petro e Maduro: mi sono sentito perseguitato in Colombia come lo ero in Venezuela, come se fossi sotto doppia persecuzione. Mi sembrerebbe di poter dire che Bogotà e Caracas si sono parlate”.
Il caso Guaidò e la sua espulsione de facto dalla Colombia ha già innescato una serie di dure proteste e critiche anche dell’opposizione colombiana al governo petrista, accusato di muoversi diplomaticamente come una longa manus del regime di Caracas. Tutto ciò, mentre il summit convocato da Petro per promuovere una soluzione alla crisi venezuelana si è concluso con un nulla di fatto, e con una vaga proposta ai partecipanti di aggiornarsi per future occasioni.
Andrea Merlo