Paraguay, un Paese tanto ignorato quanto delicato sul piano geopolitico, e al centro di un crocevia internazionale di fattori caldi nello scacchiere globale. Questo Paese, incastonato tra Brasile, Bolivia e Argentina, assisterà alle elezioni presidenziali forse più delicate sotto il profilo della sua collocazione internazionale. A sfidarsi saranno Santiago Peña (Partido Colorado, al governo) ed Efrain Alegre (Concertacion), e ad oggi i diversi sondaggi diffusi non sono in grado di chiarire chi sia realmente il favorito.
Ciò che ha attirato maggiormente l’attenzione degli osservatori stranieri sono tuttavia le implicazioni geopolitiche che le due opzioni in campo avrebbero. Il Paraguay è infatti l’ultimo Paese del Sud America a mantenere relazioni ufficiali con Taiwan, e per il principio di “Una sola Cina”, specularmente non ha rapporti diplomatici pieni con la Cina comunista. Sul punto, da tempo il candidato della Concertacion Efrain Alegre fa sapere che in caso di sua vittoria, potrebbe esserci una riconsiderazione da parte di Asuncion circa i rapporti con Taipei: in tal caso, un possibile abbandono diplomatico di Taiwan da parte del Paraguay rappresenterebbe l’ennesima sconfitta per Taipei, che ha appena perso anche l’Honduras nella già esigua lista di Paesi che la riconoscono internazionalmente. Il candidato Santiago Peña ha invece recentemente riaffermato l’impegno a continuare con Taiwan una storia di relazioni diplomatiche da cui Asuncion ha tratto ampi benefici. Peña ha sottolineato come l’economia paraguaya godrebbe di maggiori possibilità di crescita rimanendo legata diplomaticamente a Taipei, mentre scegliendo Pechino, il Paese sudamericano potrebbe assistere ad un ritardo del processo di industrializzazione avviato da anni: “è una questione di modelli economici e di dimensioni.
Il Paraguay è ancora una economia eminentemente agricola e produttrice di materie prime; sappiamo che dobbiamo continuare con il processo di industrializzazione, e le nostre chance in tal senso sono molto più sicure con un Paese come Taiwan che con uno come la Repubblica Popolare Cinese”. Ma c’è, oltre alla questione Taiwan-Cina, anche il tema Israele a interessare chi da lontano osserva la tornata elettorale di domenica 30 aprile: il Paraguay infatti assiste da tempo ad una silenziosa ma altamente pericolosa penetrazione e di influenza da parte di Hezbollah e altri soggetti legati alla Repubblica Islamica dell’Iran. La posizione del Paese nella cosiddetta triplice frontiera (Paraguay-Brasile-Argentina) lo rende uno dei teatri preferiti non solo per gli interessi politici di potenze straniere lontane alla regione latinoamericana, ma anche per molteplici attori legati al crimine organizzato transnazionale.
E, non ultimo, rimane ancora in sospeso il dossier “Gerusalemme”: il Paraguay aveva dichiarato di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele, scelta poi su cui Asuncion aveva fatto retromarcia con il governo di Mario Abdo Benitez. Se il suo successore fosse Santiago Peña, il Paraguay tornerebbe alla promessa su Gerusalemme, o la sua rappresentanza diplomatica rimarrebbe a Tel Aviv? E che implicazioni avrebbe sulla sicurezza interna paraguaya? Domande insolite, apparentemente, per un Paese silenziosamente più al centro delle dinamiche globali di quanto si possa immaginare.
Andrea Merlo