Si è svolto mercoledì 26 Aprile a Milano il corteo pacifico organizzato dalla Comunità Tibetana in Italia.
Il Movimento della Sciarpa Bianca, la Khata Tibetana che rappresenta la purezza e l’integrità del Dalai Lama, ha attraversato le vie del centro partendo da Piazza Castello e arrivando fino in Duomo. Per sostenere il Dalai Lama e bloccare le accuse sviluppate e diffuse nei suoi confronti. All’insegna del motto #WeStandWithDalaiLama i partecipanti hanno sfilato con cartelli e messaggi.
Secondo gli organizzatori, dietro alla modalità con cui è stato presentato e diffuso il video, diventato virale, e che ha trovato spazio su tutte le prime pagine dei principali quotidiani in cui il Dalai Lama scherza affettuosamente con un bambino, ci sarebbe un errore di traduzione linguistica e culturale, un pregiudizio e anche un certo lavoro dei nemici della causa tibetana in cui il regime al potere in Cina avrebbe svolto un ruolo, utilizzando metodologie di condizionamento e influenza sull’opinione pubblica internazionale. Cresce dunque la preoccupazione da parte di chi è attento alla libertà di informazione, alla necessità di conoscere e approfondire, al diritto alla conoscenza.
Nelle immagini vediamo il Dalai Lama scherzare in modo molto innocente. È davvero difficile leggere in quell’atteggiamento pubblico e sotto l’occhio di fotografi e cineoperatori, gli atteggiamenti malevoli che sono da molte parti ribalzate nei commenti. In questo senso, il taglio del video e i titoli che lo rilanciavano hanno orientato pesantemente l’interpretazione.
E hanno invece omesso di spiegare alcuni elementi di contesto utili a capire. Tra questi l’atteggiamento del bambino e della sua famiglia dopo l’episodio: la tradizione tibetana da parte dei più anziani di coccolare e nutrire con dolci i bambini anche direttamente dalla bocca, l’espressione tradizionale “mangiami la lingua” a significare che i dolci sono finiti e non rimane altro. Basterebbe osservare, senza pregiudizio, lo sguardo e il comportamento del Dalai Lama per notare la dolcezza e la purezza dell’intenzione. Gioverebbe conoscere queste tradizioni, e ancor di più la necessità, in una lettura di avvenimenti appartenenti ad alte culture, di capire come tradurre non solo le parole ma anche il significato dei gesti.
Tutto ciò è appunto nelle mani di chi vuole fare informazione e di chi vuole aiutare a comprendere, avendo anche la cura di immaginare quali intenzioni non innocenti possano esserci dietro un attacco a una figura come quella del Dalai Lama. Qualità dell’informazione, profondità, tutela e comprensione di tradizioni millenarie, rispetto per una figura che è di ispirazione per milioni di persone nel mondo e anche un po’ di attenzione a non diventare strumenti della propaganda.
Questo si chiedeva a gran voce tra le vie di Milano, ai cittadini e ai professionisti dell’informazione.
Roberto Rampi