Da decenni, la comunità uigura – un’etnia turcofona prevalentemente di fede musulmana che vive nella regione dello Xinjiang nel nord-ovest della Cina – è vittima di pesanti soprusi e violazioni dei diritti umani da parte del governo cinese.
In base a quanto riportato da Human Rights Watch (HRW), le autorità cinesi – nell’attuare un piano di monitoraggio dei telefoni degli uiguri – avrebbero riscontrato atti di estremismo violento. Tra il 2017 e il 2018, quasi 11 milioni di perquisizioni su un totale di 1,2 milioni di telefoni sono state condotte a Urumqi, la capitale dello Xinjiang.
HRW, a tale proposito, ha attuato un’indagine forense sui database trapelati della polizia dello Xinjiang e l’analisi evidenzia che gli uiguri sarebbero stati contrassegnati come sostenitori dell’estremismo violento semplicemente per aver praticato o mostrato interesse per la loro religione. L’organizzazione sostiene che il 57% dei contenuti identificati come problematici era in realtà materiale religioso comune e solo il 9% dei file contrassegnati conteneva contenuti effettivamente violenti.
È opportune sottolineare che nei piani del governo cinese vi è quello di cancellare l’etnia e la cultura di questa minoranza attraverso campi di rieducazione, sorveglianza e lavori forzati adducendo come motivo la lotta all’estremismo islamico.
Maya Wang, direttore ad interim della Cina presso HRW riporta: “Il governo cinese confonde scandalosamente ma pericolosamente l’Islam con l’estremismo violento per giustificare i suoi ripugnanti abusi contro i musulmani turchi nello Xinjiang”. Inoltre, “Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite dovrebbe intraprendere azioni a lungo attese indagando sugli abusi del governo cinese nello Xinjiang e oltre”.
Federica Donati