Quando parliamo di “diritti umani” uno dei primi indicatori, per capire se questi vengono rispettati, è la condizione in cui versano, in alcuni paesi, i soggetti più fragili come gli anziani, i bambini e le donne. Proprio lo stato di queste ultime è un segnale prepotente di quale sia la condizione dei diritti in alcuni paesi del mondo.
In queste settimane in un articolo comparso on line su The Global News a firma di Barbara Silbe si faceva riferimento ad un dossier elaborato dalla organizzazione umanitaria “Porte aperte “ che segnalava le gravi criticità e le persecuzioni delle donne cristiane in alcune nazioni.
Monitorando costantemente i comportamenti di alcuni Stati si è così evinto come la persecuzione religiosa dei cristiani si sia soprattutto indirizzata alle donne.
Una persecuzione di genere che si declina con la violenza sessuale, il matrimonio forzato oltre che attraverso una una costante violenza fisica fino ad arrivare alla riduzione a schiavitù.
Questo rapporto sulla persecuzione religiosa fa comprendere come uomini e donne sperimentino la persecuzione con dinamiche diverse: quelle agli uomini sono mirate e visibili, mentre quelle alle donne sperimentano forme di persecuzione complesse e nascoste. Entrambe hanno un comune denominatore: la violenza, letale per gli uomini e tendenzialmente invisibile e duratura per il sesso femminile.
Al primo posto dove le donne cristiane vengono perseguitate è la Nigeria e a seguire Camerun, Somalia, Sudan, Siria, Etiopia, Niger, India, Pakistan e Mali.
Ma se la condizione delle donne cristiane è drammatica, lo stesso rapporto fa comprendere come anche per gli uomini la fede possa determinare drammatiche criticità: questi vengono spesso uccisi con il tentativo di rimuoverli dal ruolo che ci si aspetta ricoprano: quello di sostentamento economico e protezione della comunità cristiana.
La libertà di culto tanto osannata nel nostro paese resta, in molte parti del mondo, impossibile .
Giovanni Terzi