È durissima polemica in Colombia contro il presidente della Repubblica, a causa di uno scontro tra poteri dello Stato innescato dallo stesso Capo di Stato e con al centro l’indipendenza della funzione giurisdizionale.
Pochi giorni fa, il presidente aveva commentato un’inchiesta giornalistica sui ritardi nelle indagini da parte di un pubblico ministero circa alcuni casi di delitti compiuti da milizie paramilitari, e ancora irrisolti. Petro aveva chiesto informazioni a proposito dello stato di avanzamento delle indagini, ma il Procuratore Generale della Nazione Francisco Barbosa ha risposto di non prendere ordini dal Capo dello Stato: “il Presidente non è il capo”.
Durante la sua visita di Stato in Spagna, Petro, interrogato dai giornalisti al suo seguito, ha puntualizzato che “evidentemente il Procuratore si dimentica una cosa che la Costituzione gli ordina: io sono il Capo di Stato, pertanto anche il suo capo”; il Presidente è tornato poco dopo sul senso della sua affermazione, precisando ulteriormente che “sono il Capo dello Stato, non lo dico io, bensì la Costituzione politica di Colombia: leggo testualmente all’art. 115 che il Presidente della Repubblica è Capo di Stato, Capo di Governo e suprema autorità amministrativa; pertanto, mi si deve rispetto da parte dei funzionari dello Stato”.
La reazione del Procuratore Generale, al vertice della funzione giudiziaria per quanto concerne l’esercizio dell’azione penale nel sistema di giustizia colombiano, è stata immediata e durissima: Francisco Barbosa, in molteplici interviste, denuncia che questo episodio di intromissione dell’esecutivo nel potere giurisdizionale potrebbe rappresentare l’inizio della fine dello stato di diritto nel Paese sudamericano: “Petro non è il mio capo, è il Presidente della Repubblica ed ha funzioni esecutivo, non è il vertice della funzione giudiziaria: credo che la storia sovversiva di Petro gli faccia credere che piramidalmente il comandante può sopprimere l’inferiore. No, nella nostra Costituzione ci sono regole, il Presidente della Repubblica non è il mio capo, e non lo sarà almeno fino al prossimo 13 febbraio quando lascerà la carica di Procuratore Generale”. Barbosa accusa anche il capo di Stato di aver “messo una lapide sulla testa mia, della mia famiglia e della Procura”, alludendo a rischi di incolumità fisica che correrebbero le persone più vicine al vertice dell’organismo giudiziario. “Se Petro pensa di essere il mio capo, lo invito a destituirmi”, concludeva provocatoriamente il Procuratore Generale, che ad ogni modo si è espresso con tale virulenza contro la posizione del Presidente da essere a sua volta accusabile, per certi versi, di politicizzazione, cosa di cui lo stato di diritto in Colombia avrebbe fatto volentieri a meno. In difesa della divisione dei poteri pubblici e della posizione espressa da Barbosa, oltre a numerosi membri dell’opposizione che denunciano la deriva dittatoriale di Petro, anche Fernando Castillo Cadena, Presidente della Corte Suprema di Giustizia, organismo giurisdizionale, foro di ultima istanza in Colombia e inoltre organismo titolare del potere di nomina del Procuratore Generale della Nazione: “la Corte Suprema registra con forte preoccupazione l’errata interpretazione dell’articolo 115 della Costituzione operata e diffusa dal Presidente della Repubblica, in quanto disconosce l’autonomia e l’indipendenza giurisdizionale, clausola fondativa della democrazia colombiana e pilastro essenziale dello stato sociale di diritto. Il Procuratore Generale non ha alcun superiore gerarchico, è scelto dalla Corte Suprema all’interno di una terna proposta dal Presidente della Repubblica. La sua funzione è chiaramente regolata dall’ordinamento giuridico, è si colloca nei principi di autonomia e indipendenza della funzione giurisdizionale: disconoscere questa realtà crea incertezza, frammentazione e instabilità istituzionale. La Corte richiama al buon senso, al rispetto e alla ragionevolezza che devono prevalere nell’ambito del principio di armonica collaborazione che regge la gestione dei poteri pubblici”.
Andrea Merlo