Il 27 marzo la polizia peruviana ha reso noto che era stata bloccata la spedizione di 2,3 tonnellate di cocaina, che camuffate come “piastrelle di maiolica per l’esportazione” avrebbero dovuto essere inviate via mare in Turchia, una rotta in crescita per le droghe illecite verso l’Europa. Tre giorni prima, il carico era stato sequestrato in un magazzino nel porto di El Callao, principale terminal marittimo del Paese, tra centinaia di scatole di piastrelle di ceramica dirette al porto di Istanbul. , ha detto la polizia. “Di solito veniamo a conoscenza diporti in Belgio, Paesi Bassi, Spagna e Francia, che sono i preferiti dalle organizzazioni criminali. Questa volta la destinazione era un porto della Turchia”, ha detto ai giornalisti il capo della polizia nel porto di El Callao, colonnello Luis Angel Bolaños. La droga, mimetizzata in 337 “maioliche” confezionate in casse di legno all’interno di un container nel terminal portuale, è stata presentata in una conferenza stampa. “Sono stati condizionati su fogli di gomma, facendo finta che fossero ceramiche originali”, ha pure spiegato Bolaños. “Il prezzo in Europa oscilla tra i 50.000 ei 60.000 dollari al chilo (di cocaina), se parliamo della droga sequestrata è di almeno 20 milioni di dollari” (es-us.noticias).
La notizia ricorda appunto che il Perù è, dopo la Colombia, il secondo maggior produttore di foglie di coca e cocaina al mondo: 61.777 ettari nel 2020 e 80.681 ettari nel 2021 (es.insightcrime.org), contro i 204.000 della Colombia e i 29.400 della Bolivia (infobae.com). L’aumento significa maggiori quantità di foglia, l’ingrediente di base necessario per alimentare l’inarrestabile produzione globale di cocaina che, secondo il rapporto 2021 sulle droghe dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodc), è raddoppiata tra il 2014 e il 2019, prima di fare un altro salto dell’11% tra il 2019 e il 2020. L’anno scorso vi sono state sequestrate circa 86,4 tonnellate di droga e sostanze illecite, che rappresentano un record storico. 28 tonnellate erano di cocaina cloridrato.
Un rapporto pubblicato a settembre dalla Commissione nazionale per lo sviluppo e la vita senza droghe (Devida) del Perù (cdn.www.gob.pe) spiega l’impatto del Paese sull’offerta globale di cocaina, poiché i trafficanti spostano le loro merci illecite oltre le tradizionali destinazioni della cocaina.Stati Uniti ed Europa, verso mercati emergenti come Australia, Africa occidentale e Medio Oriente. Il rapporto evidenzia anche come l’espansione della coltivazione della coca abbia contribuito all’aumento della produzione di cocaina in Bolivia e abbia alimentato la deforestazione nell’Amazzonia peruviana. Tant’è che quando le tensioni seguite alla destituzione del presidente Castillo hanno portato a una chiusura della frontiera tra Perù e Bolivia i produttori boliviani di cocaina hanno avuto problemi di materia prima (infobae.com).
La produzione nel 2021 è cresciuta in tutto il Paese, tant’è che quest’anno le autorità peruviane hanno aggiunto all’elenco di monitoraggio cinque nuove zone (Amazonas, Bajo Huallaga, Bajo Ucayali, Camanati e Madre de Dios), che insieme hanno aggiunto 4.523 ettari alla cifra totale. Con questo, la coltivazione della coca in Perù ha raggiunto il record di 80.681 ettari.
L’assenza dello stato non solo in Amazzonia, ma anche nelle principali aree di coltivazione della coca in Perù, è stata aggravata all’estremo dalla pandemia di COVID-19. Le campagne governative di eradicazione della coca sono sempre più inefficaci: 25.526 ettari sradicati nel 2019 s 6273 nel 1021, per poi ulteriormente ridursi di altri 500 ettari. InSight Crime ritiene che negli ultimi cinque anni governi peruviani alle prese con altre emergenze hanno sempre più rinunciato alla politica di lotta al traffico di droga.
D’altra parte, l’atteggiamento nei confronti dell’eradicazione sembra subire un cambiamento regionale. Nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il presidente della Colombia Gustavo Petro, il principale Paese produttore di coca al mondo, ha criticato le politiche antidroga applicate dagli Stati Uniti nella regione, e ha condannato che “la guerra alla droga ha fallito”. Il presidente boliviano Luis Arce ha fatto eco alle parole di Petro e ha proposto un cambiamento nell’approccio nazionale alla lotta alla droga che, a suo dire, sarà “meno militarizzato e più orientato agli aspetti sociali ed economici”.
La tradizionale regione di coltivazione della coca in Perù è la valle di Apurímac, Ene e Mantaro: la Vraem, che rappresenta il 40% della produzione di coca del paese, e i cui raccolti sono cresciuti del 15% tra il 2020 e il 2021.Lì la produzione è stata a lungo controllata da clan familiari che lavoravano sotto la protezione dei guerriglieri di Sendero Luminoso.
Al secondo posto ci sono i dipartimenti di frontiera. A nord, il dipartimento di Loreto, al confine con Ecuador, Brasile e Colombia, rappresenta oggi il 12 % dei raccolti in Perù. Puno, un dipartimento a sud del confine con la Bolivia, è responsabile dell’8% dei raccolti.
Questa proliferazione lungo i confini del Perù con Brasile, Colombia e Bolivia è particolarmente importante. La coca peruviana è stata per anni un pilastro del mercato illecito in Bolivia. A causa dell’enorme squilibrio dei prezzi, la foglia peruviana è ambita dai trafficanti boliviani. Allo stesso modo, in un momento in cui i trafficanti boliviani stanno lavorando per espandere la loro presenza globale, l’approvvigionamento di maggiori quantità di coca oltre confine in Perù potrebbe essere un’utile diversificazione, dato che i trafficanti brasiliani si sono sempre affidati esclusivamente alla Bolivia per fornire il prodotto finale.
I principali produttori mondiali di cocaina, Colombia, Perù e Bolivia, hanno totalizzato una produzione stimata di 2.074 tonnellate di questa droga nel 2021 (es.statista.com). Lo rivelano gli ultimi dati dell’Office of National Drug Control Policy degli Stati Uniti). In appena un decennio, la produzione colombiana si è moltiplicata di oltre 3,5 volte, passando da circa 273 tonnellate nel 2011 a 972 nel 2021, mentre la produzione peruviana è raddoppiata. In Bolivia la produzione di cocaina è rimasta più stabile, anche se con una tendenza al rialzo, con un incremento del 49% nell’ultimo decennio.
È stato nel 2015 che la Colombia ha superato il Perù in termini di volume di produzione. Nel 2017 e nel 2018, la cocaina prodotta dalla Colombia era equivalente a più di quella del Perù e della Bolivia messe insieme. Da allora, il Perù ha raggiunto un picco storico nella produzione di questa droga nel 2020, con 814 tonnellate, accorciando la distanza con il suo vicino a nord, che sfiorava le 1.000 tonnellate. Nel 2021 si è registrato un leggero rallentamento della produzione rispetto al primo anno di pandemia, sia in Colombia (-2,2%) che in Perù (-3,6%), anche se la Bolivia ha continuato il graduale aumento (1,6%).
Maurizio Stefanini*
*Roma, 1961. Giornalista e saggista, moglie e due figli, specialista in America Latina