“L’ultima immagine che il mio occhio destro ha catturato è stato il sorriso di chi mi ha sparato. Chi mi ha colpito non sapeva che ero a prova di proiettile, non sapeva che l’anima e il mio corpo sono qualcosa di più”. Ghazal Ranjkesh
Iran, 15 novembre 2022: al grido di “Donna, Vita, Libertà” continuano le proteste di piazza scatenate dall’uccisione di Mahsa Amini, la ragazza curda picchiata a morte dalla “polizia morale” di Teheran perché non indossava in maniera corretta il velo.
Quel giorno Ghazal Ranjkesh, una studentessa di giurisprudenza di Bandar Abbas, sta tornando a casa con la madre quando viene colpita ad un occhio da un uomo delle forze di sicurezza iraniane. Diversi “pallini” le distruggono il bulbo oculare destro, la palpebra e una parte del suo viso. E’ sottoposta a una lunga operazione per rimuovere i “pallini”: 52 punti di sutura e un intervento di chirurgia plastica per ricostruire la palpebra. Ghazal non vede più, la sua retina è completamente danneggiata e non c’è speranza di trapiantare la cornea.
Ghazal Ranjkesh è una dei tantissimi manifestanti accecati dalle forze di sicurezza iraniane. Perché in Iran, per sedare le pacifiche proteste, si mira non solo ai genitali delle donne e alla schiena e alle gambe degli uomini ma anche agli occhi. A mezzo metro di distanza, per disperdere i manifestanti, si sparano proiettili di metallo o di gomma usati per la caccia agli uccelli che si frantumano in centinaia di pallini: retine mutilate, nervi ottici recisi e iridi perforate.
Dall’inizio delle proteste contro il regime i reparti di oftalmologia degli ospedali iraniani sono stati inondati da feriti agli occhi e al volto, così come riportato in un articolo del New York Times che ha raccolto cartelle cliniche di pazienti e testimonianze dirette di manifestanti, medici e associazioni per i diritti umani. In molti casi i feriti non hanno avuto altra scelta che rivolgersi alle strutture sanitarie gestite dal governo e pattugliate dalle forze di sicurezza con la conseguenza di non venir curati oppure di essere arrestati dopo aver subito un intervento chirurgico. Per questo, in tutto l’Iran si stanno sviluppando reti segrete di ambulatori dove i medici, anch’essi nel mirino del regime, curano di nascosto i feriti.
La situazione è talmente grave che 140 medici dell’Associazione iraniana di oftalmologia hanno recentemente scritto un appello al loro presidente chiedendo di intervenire: “Durante le recenti proteste c’è stato un gran numero di pazienti nei centri medici con lesioni agli occhi causate da colpi di proiettili per uccelli, paintball e simili. Purtroppo, in molti casi, l’impatto ha comportato la perdita di uno e anche di entrambi gli occhi. Pertanto, è necessario segnalare questa situazione alle autorità competenti e fornire i necessari avvertimenti sulle conseguenze irreparabili di lesioni oculari così gravi”
All’inizio di quest’anno anche IranWire, un sito di notizie gestito da giornalisti professionisti iraniani alcuni dei quali in esilio, ha documentato le drammatiche conseguenze di quattro mesi di sanguinosa repressione con centinaia di giovani ridotti alla cecità dopo essere stai colpiti dai proiettili usati dalle forze di sicurezza. Per tutta risposta Hassan Karami, comandante delle unità speciali della polizia iraniana, ha negato che le sue forze abbiano deliberatamente danneggiato i manifestanti su parti specifiche dei loro corpi: “si tratta solo di propaganda diffusa dai nemici della Repubblica Islamica”, ha affermato.
Ed è di questi giorni la notizia, riportata sempre da IranWire, che il comune di Teheran ha installato in città cartelloni pubblicitari che accusano le centinaia di manifestanti colpiti agli occhi dalle forze di sicurezza di essere “bugiardi”.
Le proteste in Iran continuano. Donne coraggiose, sostenute da una generazione di giovani uomini finalmente consapevoli dei loro inalienabili diritti, si ribellano apertamente alla brutale dittatura religiosa di Ali Khamenei. E tra queste c’è anche Ghazal Ranjkesh, che continua la sua battaglia per la libertà dal suo profilo Instagram. Perché, come scrive, “il suono degli occhi è più forte di qualsiasi urlo”
Claudia Ruggeri