Durante le guerre, donne e ragazze sono quasi sempre esposte a diverse forme di violenza tra cui quella sessuale che – nonostante il divieto previsto dal diritto internazionale e il costituire un crimine di guerra e contro l’umanità in base allo Statuto di Roma – viene ripetutamente perpetrata. Questo è quello che sta succedendo anche in Sudan, a seguito dei pesanti scontri ripresi a partire dal 15 aprile scorso e volti all’affermazione di una leadership politica tra le forze militari e paramilitare intente ad acquisire ciascuna il controllo del paese.
Per combattere l’aumento delle violenze di genere sempre più impiegate come arma di guerra per terrorizzare e umiliare il nemico, molte donne sudanesi hanno utilizzato i social media per denunciare tali abusi e rafforzare la rete di supporto alle vittime.
L’UNFPA, l’agenzia delle Nazioni Unite per la salute sessuale e riproduttiva, si è attivata per offrire cure mediche e consulenza alle vittime ed occuparsi della gestione dei casi di violenza e di abuso nonostante le gravi carenze e lo sgretolamento delle strutture sanitarie. La stessa agenzia, all’interno del report elaborato sulla situazione di emergenza in Sudan (unfpa.org), ha affermato di essere preoccupata sull’esposizione di 3,1 milioni di donne e ragazze al rischio di subire una violenza di genere a causa dell’interruzione dei servizi di assistenza psicosociali dovuti al conflitto in corso.
È impegno della comunità internazionale intervenire affinché i diritti e le libertà delle donne siano sempre rispettati, in contesti di guerra e non.
Federica Donati
ph UNHCR/Charlotte Hallqvist