Ripercorrendo brevemente alcune tappe storiche salienti, l’arcipelago di Chagos fu scoperto ed esplorato dai portoghesi all’inizio del Sedicesimo secolo e per gran parte della sua storia recente fu sottoposto al controllo di Mauritius, territorio che a sua volta era controllato dalla Francia. Fu con il trattato di Parigi del 1814 che la Francia cedette le Mauritius e le sue dipendenze (tra cui le isole Chagos) al Regno Unito.
Le Mauritius ottennero l’indipendenza nel 1968, a seguito di una negoziazione con il Regno Unito che pose come conditio sine qua non quella di escludere, da tale processo di decolonizzazione, le Isole Chagos che sarebbero rimaste sotto la sovranità britannica come Territorio Britannico dell’Oceano Indiano in quanto, su quel territorio, si sarebbe dovuta costruire una base militare d’importanza strategica per la Gran Bretagna e per gli Stati Uniti. Nessuna rivendicazione sull’Arcipelago venne avanzata da Mauritius, in quanto stava attraversando una difficile situazione socioeconomica che la obbligò a mantenere buoni rapporti con il Regno Unito per paura di subire ritorsioni.
Nel consentire agli Stati Uniti di stabilire la propria presenza militare e trasformare l’isola di Diego Garcia – l’isola più grande appartenente all’arcipelago – in una stazione di ascolto e comunicazione, era necessario spostare forzatamente tutte le persone del posto e lasciare che pochi ne avessero accesso. Per tali ragioni, circa 2.000 Chagossiani furono trasferiti violentemente, spesso attraverso navi cargo, alle Mauritius e alle Seychelles dove vissero in condizioni di estrema povertà tra il 1967 e il 1973. Un solo giorno ebbero per preparare i bagagli e scoprire che non avrebbero più potuto fare ritorno a casa nel caso in cui avessero compiuto l’errore di lasciare l’isola, per esempio per una visita ai parenti o dal medico. C’era la convinzione che si sarebbe potuto dislocare facilmente la popolazione locale in cambio di un risarcimento.
Oltre agli effetti di un impoverimento generale dovuto, per esempio, alla mancanza di un piano di reinsediamento, mai avvenuto, della popolazione e una grave crisi economica, numerose furono le violazioni dei diritti umani che gli abitanti delle Isole Chagos subirono e che li portarono a lottare ed affermare i loro diritti di fronte ai tribunali nazionali e internazionali. Primo tra tutti, il diritto all’autodeterminazione, ritenuto norma di ius cogens riconosciuta e accettata dalla maggior parte degli stati della comunità internazionale come norma inderogabile. Nel trovare pieno riconoscimento in vari strumenti giuridici, tra cui la Carta delle Nazioni Unite, la risoluzione n. 1514 dell’Assemblea generale e i due Patti internazionali, il diritto all’autodeterminazione consiste nel concedere a tutti i popoli il diritto di decidere autonomamente il proprio assetto politico, economico e sociale non potendo i governi decidere della vita e del futuro delle persone a loro discrezione. Nell’advisory opinion resa il 25 febbraio 2019 a seguito della richiesta di parere da parte dell’Assemblea Generale ONU, la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) si è espressa riportando che “Il Tribunale ha rilevato come il processo di decolonizzazione di Mauritius non sia stato condotto in modo coerente con il diritto dei popoli all’autodeterminazione e ne consegue che la continua amministrazione dell’arcipelago di Chagos da parte del Regno Unito costituisce un atto illecito che comporta la responsabilità internazionale di tale Stato”. Nell’appellarsi alla risoluzione n. 1514 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la CIG afferma che è proibita la separazione e disgregazione territoriale delle colonie prima del raggiungimento da parte di queste ultime dell’indipendenza. Il valore non vincolante del parere ha fatto si che la Gran Bretagna disattendesse la pronuncia, nonostante la sentenza sia dotata di una autorevolezza a livello internazionale. A maggio dello stesso anno, l’Assemblea Generale ONU ha adottato una risoluzione che, in conformità a quanto stabilito nella sentenza della CIG, stabiliva che il reinsediamento nell’arcipelago di Chagos dei cittadini mauriziani, compresi quelli di origine chagossiana, sarebbe dovuto avvenire con urgenza ribadendo, inoltre, al Regno Unito l’invito a porre fine, incondizionatamente, all’occupazione dell’arcipelago. La risoluzione è stata approvata con 116 voti favorevoli, 56 astensioni e 6 voti contrari, tra cui quello del Regno Unito e degli Stati Uniti.
Un’altra violazione perpetrata contro i Chagossiani consiste nella loro impossibilità di fare ritorno a casa. Come popolo indigeno, in base alla Convenzione n. 169 dell’Organizzazione Internazionale per il Lavoro sui popoli indigeni e tribali, gli abitanti delle isole Chagos hanno il “diritto di ritornare nelle loro terre”. Anche la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui popoli indigeni riporta che “I popoli indigeni non devono essere rimossi con la forza dalle loro terre o territori. Nessun trasferimento avrà luogo senza il consenso libero, preventivo e informato delle popolazioni indigene interessate e dopo un accordo su un risarcimento giusto ed equo e, ove possibile, con l’opzione di rimpatrio”. A tale proposito, la Gran Bretagna, tuttavia, ha sempre respinto le rivendicazioni mauriziane e si è impegnata a cedere la sovranità solo quando il territorio non sarà più necessario per scopi di difesa; sicuramente non prima del 2036, data l’estensione inglese della concessione territoriale a favore degli Stati Uniti.
Nonostante per molti anni il governo di Mauritius abbia rivendicato, senza alcun successo, il voler riacquisire la propria sovranità sul territorio, in tempi recenti il Regno Unito si è reso disponibile ad aprire negoziati sul futuro delle isole Chagos. Ad oggi, però, sembra che il governo del Regno Unito non abbia dato ancora avvio a consultazioni efficaci con la sua controparte. In aggiunta a questi sviluppi, apparentemente incoraggianti, Human Rights Watch (HRW) ha elaborato un rapporto basato su una pluralità di testimonianze provenienti da funzionari di governo, diplomatici e rappresentanti del popolo Chagos, nonché sull’analisi di numerosi documenti. Sono state esplorate le pessime condizioni in cui i Chagossiani sono stati costretti a vivere durante il loro sfollamento forzato; gli sforzi per vedersi riconosciuto il loro diritto di tornare a casa in modo permanente; e il fallimento dei governi del Regno Unito e degli Stati Uniti nel compensarli adeguatamente o fornire loro qualsiasi altra forma di riparazione. Nel rapporto, HRW ha accusato i suddetti governi di aver commesso crimini contro l’umanità per aver costretto gli abitanti delle Isole Chagos ad abbandonare forzatamente le loro terre d’origine. L’organizzazione ritiene inoltre opportuno che i governi degli stati responsabili forniscano un risarcimento adeguato per i danni fisici, psicologici ed economici che i Chagossiani hanno subito in tutti questi anni e raccomanda gli stessi stati a impegnarsi affinché crimini e abusi simili non si ripetano più.
Federica Donati