La criminalità organizzata in Sud America che controlla attraverso i cartelli della droga i territori, le città, o quartieri, ed intere regioni rende sempre più impossibile la vita ai sacerdoti cristiani.
Partiamo dal fatto che l’America Latina e i Caraibi comprendono 33 Paesi, con una popolazione stimata in oltre 657 milioni di persone con una età media di 31 anni. Queste nazioni hanno eredità e radici culturali comuni e condividono radici storiche simili.
Di tutta la popolazione il 60 per cento si identifica come cattolica.
Degrado sociale, povertà, furti, rapine – che s’intrecciano con le violenze provocate dai narcos – sono all’origine del fenomeno. Bisogna poi considerare il vasto territorio amazzonico, l’impegno della chiesa in difesa delle popolazioni indigene e dell’ecosistema, le rappresaglie da parte di grandi gruppi industriali, dei terratenientes brasiliani, che sfruttano selvaggiamente le risorse ambientali della regione e non esitano a eliminare con ogni mezzo chi ostacola l’instancabile opera distruttrice della foresta pluviale.
L’ultimo in ordine di tempo è stato il vescovo nicaraguese, monsignor Rolando Alvarez, che sembrava essere sparito nelle prigioni del Paese è vivo e sta bene anche se da più di duecento giorni di carcere.
La notizia che Monsignor Alvarez sta bene è trapelata grazie ad alcune foto diffuse dal governo guidato dal dittatore Daniel Ortega. Alvarez è stato condannato a 26 anni di carcere con l’accusa di “tradimento alla patria”.
Torture, carcere e omicidi sono all’ordine del giorno in Sud America dove i sacerdoti ed il cristianesimo e’ considerata una “ideologia” contraria al regime dittatoriale.
Oggi sarebbe importante che la comunità internazionale prendesse una posizione netta nei confronti di coloro che non permettono la libertà di culto .
Giovanni Terzi