In Giappone, i leader del G7 hanno chiarito con più decisione alcune posture rispetto alla Cina, dalla questione di Taiwan agli attriti sul futuro del commercio globale (coercizione economica, disaccoppiamento, de- risking).
Intanto, l’Ucraina è pronta alla controffensiva per riconquistare il proprio territorio, quello riconosciuto sin dal 1991 dopo la dissoluzione dell’URSS.
Il Presidente ucraino Zelensky aveva già dichiarato: «Con Xi Jinping ho discusso dell’integrità territoriale in base ai confini del 1991 che comprendevano Crimea e Donbass». Mentre la Cina è disponibile a ratificare il dominio russo sui territori strappati agli ucraini con la guerra d’aggressione. Secondo il Wall Street Journal, che cita fonti europee, «Il rappresentante cinese inviato a promuovere il piano di pace di Pechino per l’Ucraina ha portato un messaggio chiaro: gli alleati europei degli Usa dovrebbero ribadire la loro autonomia […] lasciando che la Russia resti in possesso dei territori ucraini conquistati».
La preoccupazione, da Bruxelles a Washington fino a Tokyo, è che Putin miri a congelare la guerra con la complicità di Pechino.
I cosiddetti conflitti “congelati” o “protratti” sono contesti contraddistinti da fasi di stallo durante negoziazioni tese ad una soluzione politica, oppure situazioni in continua evoluzione con scontri “a bassa intensità” in aree contese sine die, come in Nagorno-Karabakh, in Transnitria o in Georgia per i casi di Abkhazia e Ossezia del Sud.
Un conflitto congelato in Ucraina – con Pechino che sfrutterebbe l’egida dell’Onu – potrebbe durare anche decenni, nel cuore dell’Europa, e contribuirebbe a:
1) stabilire un ulteriore precedente per altre annessioni illegali da parte di Mosca, ad esempio nel Caucaso;
2) alimentare la guerra ibrida sino-russa;
3) armonizzare l’espansione geopolitica della Cina verso la regione
Balcanico-mediterranea e l’Africa.
L’aiuto militare a Kiev, deciso dai governi democratici in base a risoluzioni dell’Onu, a provvedimenti assunti in sede europea e di Alleanza Atlantica, è irrinunciabile, così come lo sforzo degli stessi Stati membri dell’Unione Europea di aumentare, migliorare e coordinare la produzione di sistemi d’arma per la propria sicurezza nazionale e la sicurezza comune europea (europarl.europa.eu).
Le sanzioni contro la Russia funzionano e si assiste ad un’ulteriore discesa dei prezzi del gas sul mercato di Amsterdam, dovuta a una molteplicità di fattori tra cui l’effetto del meccanismo denominato price cap deciso dall’Unione Europea.
Il blocco dei membri dell’Unione Europea ha sostituito circa l’80% del gas naturale che attingeva attraverso i gasdotti collegati con la Russia.
A proposito di gas russo verso la Cina, si segnalano sia rallentamenti sul progetto del gasdotto Power of Siberia 2, sia ridimensionamenti circa il livello di approvvigionamento stimato per l’infrastruttura esistente Power of Siberia.
Putin sperava poi di accelerare la costruzione del gasdotto PS-2, sempre per collegare i propri giacimenti alla Cina, anche perché questa infrastruttura potrebbe compensare una parte del mercato perduto causa sanzioni.
I silenzi calcolati di Pechino si devono al fatto che Xi Jinping sta aumentando il suo potere di manovra su Putin, e premerà su di lui per abbassare ancora il prezzo del gas, con ulteriore danno per le entrate di bilancio russe.
In fin dei conti, secondo Tatiana Mitrova, docente alla Columbia University, il gas di Putin, «non ha nessun altro posto dove andare».
Non si dimentichi che le spese militari russe, supportate fino ad ora con l’export energetico, rappresentano circa il 30% del PIL, una percentuale abnorme che difficilmente potrà essere sostenuta nel medio-lungo periodo. Ci sono forti dubbi circa la stessa capacità di Putin di continuare a sostenere i costi della guerra d’aggressione all’Ucraina.
Per concludere, durante il prossimo vertice a Vilnius, l’Alleanza Atlantica proporrà la costituzione di un Consiglio Nato-Ucraina, che affiancherà il piano di assistenza militare pluriennale.
Si tratta di uno strumento reso possibile grazie all’interoperabilità ormai esistente di sistemi d’arma e procedure, ma soprattutto è un segnale politico fortissimo, che permetterà a Kiev di avvicinarsi alla Nato. L’errore più tragico che le democrazie possano compiere sarebbe quello di scendere proprio a patti con i dittatori, barattando concetti fondamentali quali democrazia e libertà.
Il costo umano, politico, economico, che pagheremmo un domani sarebbe cento volte superiore a quello di oggi.
Neville Chamberlain, prima della II Guerra Mondiale, disse che «Dovremmo trovare le cose che ci accomunano».
Ma lui sbagliava pensando di portare Hitler su questo piano delle idee. Non è possibile trattare con regimi totalitari, sperando che alcune concessioni diplomatiche possano «placarli» (il verbo che ebbe a usare lo stesso Chamberlain). L’Ucraina va aiutata con ogni mezzo a riconquistare la propria libertà e la propria
Sen. Giulio Terzi di Sant’Agata