In Cile il governo ha appena annunciato una dichiarazione di guerra ai “mausolei narcos” (infobae.com). Monumenti funerari che i boss dedicano a membri delle loro bande con l’ostentazione di simboli legati alla delinquenza, secondo una moda che è arrivata dal Messico e dall’America Centrale. Il delegato presidenziale della Regione metropolitana di Santiago Constanza Martínez ha così annunciato un piano di lavoro con i comuni per demolire questo tipo di costruzione commemorativa per i defunti della criminalità organizzata, riprendendo una iniziativa lanciata dal sottosegretario agli Interni Manuel Monsalve. “Non possiamo accettare che spazi pubblici come le piazze o alcuni luoghi di svago per la comunità oggi siano invasi dalla cultura della droga, e questo implica avere un’azione determinata, ma anche riutilizzare quegli spazi pubblici”, ha detto Constanza Martínez. L’anno scorso la questione era diventata rilevante dopo che era stato installato un mausoleo in onore di Diego Marchant, membro di un clan di narcotrafficanti e figlio più giovane del suo leader, crivellato di proiettili nell’ottobre 2020. La costruzione di 25 metri quadrati, costruita dal narcoclan chiamato Los Marchant, fu installata su strade pubbliche, ma furono gli stessi abitanti del luogo che finirono per dare il loro benestare alla sua costruzione.
Proprio mentre si accendeva la polemica la Polizia investigativa cilena metteva a segno una operazione contro il Tren de Aragua, una delle organizzazioni criminali più temute della regione (infobae.com). Un totale di 11 persone sono state arrestate in diverse operazioni condotte nell’ambito di un’indagine condotta congiuntamente con l’ufficio del procuratore regionale di Tarapacá (al confine settentrionale del paese) e che perseguita la banda internazionale per i reati di traffico di droga, riciclaggio di beni e associazione illecita. Delle persone arrestate, otto sono di nazionalità venezuelana, due dominicane e un colombiano. Secondo le informazioni della polizia, il 17 e 18 maggio la retata è iniziata con l’ispezione di un autobus interprovinciale nella regione di Coquimbo, dove è stata scoperta una notevole quantità di droga (170 kg, per lo più cannabis e cocaina). Conseguenza, l’arresto di tre persone per flagranza reato di traffico illecito di sostanze stupefacenti.
In effetti, il Tren de Aragua è nato tra 2009 e 2010, nelle condizioni di degrado del Venezuela chavista: secondo alcune teorie, a opera di lavoratori assunti nello Stato di Aragua per un piano di sviluppo ferroviario che come molte altre cose del chavismo fu annunciato e mai realizzato; secondo altre teorie, all’interno delle carceri, dopo che il governo di Hugo Chávez ne aveva ceduto il controllo agli stessi detenuti attraverso un accordo per mantenere l’ordine interno nel carcere ed evitare le morti. Da Aragua si estese poi a tutto il Venezuela a molti Paesi dell’America Latina, fino ad arrivare a oltre 5000 membri (infobae.com). In Cile è arrivato all’improvviso nel 2017, ma si è subito insediato con decisione in una parte del territorio a confine con la Bolivia, insanguinandola con decine di omicidi. Da lì si è estata verso il confine peruviano e anche il centro, importando crimini che prima non erano comuni in Cile: traffico di immigrati, sicariato, sfruttamento sessuale di donne, tortura di loro avversari. Ma è solo intorno al 2021 che l’allarme è stato dato, in particolare per il massiccio arrivo di migranti venezuelani. Tra l’altro, gli immigrati sono incaricati di nascondersi addosso droga, in modo da aggiungere un utile ulteriore.
Dal 2023, dunque, l’Onu ha iniziato a segnalare il porto di San Antonio in Cile come uno dei principali punti di uscita della cocaina colombiana e peruviana verso Stati Uniti e Europa (mascontainer.com). Le statistiche sui sequestri del Cile del 2022 indicano una connessione tra l’aumento del traffico di droga e l’escalation della violenza. Le autorità hanno sequestrato infatti 3,6 tonnellate di cocaina cloridrato nel 2022, rispetto alle 2,3 tonnellate del 2021. La quantità di base di coca sequestrata è rimasta pressoché invariata, con 5,8 tonnellate sequestrate, rispetto alle 6 tonnellate del 2022. L’aumento del traffico di droga attraverso il Paese è stato in parte responsabile per il fatto che gli omicidi sono aumentati di un terzo lo scorso anno (es.insightcrime.org).
Sebbene il trasferimento di cocaina boliviana al vicino Cile per soddisfare la domanda interna sia storico, ora i trafficanti sono alla ricerca di nuovi punti di spedizione marittima verso l’Europa, e nei porti dell’America centrale, dei Caraibi e dell’Europa le autorità hanno scoperto stupefacenti nascosti nel carico delle navi in partenza dal Cile (es.insightcrime.org). Tra i sequestri di cocaina sulle navi, partite nel 1922 dal Cile, vi sono il ritrovamento di quasi 500 chili da parte delle autorità francesi nel porto di Marsiglia a gennaio e il ritrovamento di 140 mattoni di cocaina da parte delle autorità dominicane su una nave diretta in Belgio. Nell’ottobre 2021, le autorità panamensi hanno trovato 3,5 tonnellate di droga su una nave portacontainer battente bandiera cilena diretta nei Paesi Bassi, un importante porto per la cocaina sudamericana verso l’Europa.
Invece di percorrere la tipica rotta marittima a nord dalla costa della Colombia, dunque, alcune spedizioni di cocaina vengono trasportate a 7.000 miglia a sud verso il Cile, prima di navigare attraverso acque internazionali con il Messico come punto di arrivo, rivela il rapporto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Una mappa che compare nel Rapporto globale sulla cocaina 2023 indica che i cartelli colombiani inviano le loro merci a San Antonio, in Cile, e da lì partono direttamente per diversi stati del Pacifico messicano, tra cui Oaxaca, Guerrero e Michoacán (univision.com).
Maurizio Stefanini*
*Roma, 1961. Giornalista e saggista, moglie e due figli, specialista in America Latina