“Esprimo rispettosamente che non sono d’accordo con quanto affermato dal presidente Lula, nel senso che la situazione dei diritti umani in Venezuela era una costruzione narrativa. Non è una costruzione narrativa, è una realtà, è seria e ho avuto modo di vedere, ho visto l’orrore dei venezuelani. Questo tema richiede una posizione ferma”, ha detto il presidente del Cile Gabriel Boric al vertice dei leader latino-americani convocato a Brasilia il 29 maggio (infobae.com).
“Sono rimasto sorpreso quando hanno parlato di ciò che sta accadendo in Venezuela è una narrazione. Se ci sono così tanti gruppi nel mondo che cercano di negoziare affinché la democrazia sia piena in Venezuela e che i diritti umani siano rispettati, in modo che non ci siano prigionieri politici, la cosa peggiore che possiamo fare è coprire il sole con un dito”, è stato il commento del presidente uruguayano Luis Lacalle Pou, pure allo stesso vertice.
Lula aveva invitato i presidenti degli altri 11 paesi sudamericani: Argentina, Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador, Guyana, Paraguay, Perù, Suriname, Uruguay e Venezuela. Non era venuta la peruviana Dina Boluarte, alle prese con la situazione tesa dell’ordine pubblico in seguito alla destituzione del presidente eletto Pedro Castillo. Al suo posto, è venuto il presidente del Consiglio dei ministri, Alberto Otárola. È stato invece presente il presidente venezuelano Nicolás Maduro, dopo parecchio tempo in cui non si muoveva per Caracas: sia per l’isolamento internazionale che lo aveva colpito in seguito al golpe contro l’Assemblea Nazionale e alla feroce repressione contro le successive proteste; sia per gli ordini di cattura della Dea per narcotraffico, motivo per cui non si era fidato a recarsi al vertice della Celac a Buenos Aires lo scorso 24 gennaio (buenosairesherald.com). E Lula non si è limitato a invitarlo e riceverlo, ma gli ha fatto un discorso di benvenuto in cui in pratica ha spiegato che era vittima di calunnie. “Sono andato in paesi che non sanno dove sia il Venezuela ma dicono che il Venezuela ha una dittatura. Nicolás Maduro, devi decostruire quella narrazione”. “Le narrazioni sono costruite contro le persone. Nicolás Maduro conosce molto bene la narrazione che hanno costruito contro il Venezuela. Conosci la narrativa che hanno costruito sull’autoritarismo e l’antidemocrazia. Hai i mezzi per decostruire quella narrazione”.
La gran parte dei presidenti presenti sono stati zitti. Guyana e Suriname contano poco; il Paraguay è in transizione tra presidente uscente e presidente eletto; il Perù appunto ha i suoi guai; l’ecuadoriano Guillermo Lasso ha indetto elezioni anticipate con la cosiddetta “morte incrociata” del mandato suo e dell’Assemblea Nazionale; il presidente boliviano è ideologicamente affine a Maduro; quelli di Colombia e Argentina stanno cercando di sdoganarlo a loro volta. Anche Boric, però, ha parecchi guai: economia giù, sconfitte a catena nel processo costituente, problemi di ordine pubblico. E anche lui è di sinistra. Ma su questi temi è adamantino. Già lo scorso settembre parlando alla Columbia University aveva denunciato con durezza il “doppio standard” dei governi di sinistra della regione per il loro “doppio standard” sui diritti umani.
“Mi dà davvero fastidio quando sei di sinistra e poi condanni la violazione dei diritti umani nello Yemen o in El Salvador, ma non puoi parlare del Venezuela o del Nicaragua”. “Non importa se sei di estrema destra o di estrema sinistra. Il rispetto dei diritti umani non può avere un doppio standard” (infobae.com).
Sempre Boric in quella occasione raccontò: “quando ero deputato ho cominciato a fare domande sul Venezuela. Mi sono posto delle domande. Sono andato in Venezuela nel 2010 quando Chávez era ancora vivo. E poi ho cominciato a farmi delle domande quando ho visto la repressione delle proteste e la manipolazione di alcune elezioni. E ho detto, beh, questo non è giusto. Dobbiamo essere in grado di criticarlo. E la gente di sinistra in Cile ha detto no, no, no, no. Non parli dei nostri amici. E penso che sia completamente sbagliato”. “Non puoi condannare ciò che gli Stati Uniti stanno facendo all’estero, o qualsiasi altro esempio, se non puoi vedere cosa stanno facendo i tuoi amici”.
Lacalle Pou è invece di destra. Però il suo Partido Nacional ebbe come leader quel Wilson Ferreira Aldunate (facebook.com) che fu il principale avversario del regime militare (facebook.com), al punto che quando gl stessi militari pattuirono la transizione democratica imposero però che non potesse candidarsi per la Presidenza.
Più in generale, si può ricordare come alle ultime presidenziali cilene proprio José Antonio Kast leader di un partito di destra dura, a volte descritto all’estero addirittura come neo-nazista per via del fatto che è figlio di un immigrato tedesco combattente con la Wehrmacht, quando al ballottaggio vide che Boric era ormai il chiaro vincitore andò personalmente al suo comando elettorale per fargli le congratulazioni (youtube.com). Mentre Lacalle quando è andato in visita alla sede della alleanza di opposizione Frente Amplio è stato letteralmente assediato da una ressa di militanti di sinistra che volevano farsi il selfie con lui infobae.com).
Sono scene che oggi faremmo fatica a immaginare non solo in Italia, ma anche negli Stati Uniti, in Francia o nel Regno Unito. Insomma, da due democrazie all’estremo sud del mondo viene una lezione non solo per Lula, ma per tutti.
Maurizio Stefanini*
*Roma, 1961. Giornalista e saggista, moglie e due figli, specialista in America Latina