È notizia del 2 giugno che la polizia federale australiana ha sequestrato più di 800 chili di cocaina da una nave proveniente dall’Argentina (infobae.com). Più in particolare, la nave mercantile ST Pinot era salpata in aprile dalla città di San Lorenzo, a nord di Rosario, ed era passata anche dal porto di La Plata. Il carico sequestrato è stato valutato oltre 200 milioni di dollari, e sono stati arrestati i tre uomini a bordo. Le autorità argentine hanno già avviato un’indagine preliminare sull’evento dopo la notizia per cercare di stabilire dove fosse caricata la droga. Questa indagine preliminare è stata avviata da una denuncia della Dogana, che ha contattato la sua controparte in Australia, per cercare di stabilire il momento in cui la cocaina è stata imbarcata sulla nave, che ha caricato a San Lorenzo 40 tonnellate di semi di soia. Prima, secondo le autorità argentine, era passato da Montevideo: altro punto abituale per i carichi di droga mascherati da cargo.
L’Argentina non è un Paese di produzione della coca, e in Sud America è uno dei Paesi nell’immaginario meno associati al narcotraffico. Ormai, però, anch’essa è diventa parte di varie rotte alternative. A fine maggio, ad esempio, la dogana argentina di Jujuy aveva già sequestrato più di 70 chili di cocaina all’interno di un camion in movimento dalla Bolivia verso Buenos Aires: nascosti all’interno dei mobili, nei doppi fondi (lavoz.com.ar). Gli agenti doganali specializzati stavano effettuando controlli di routine quando una spedizione di una società di logistica ha attirato la loro attenzione a causa di nove pacchi con comodini e letti che sollevavano qualche dubbio, e che hanno deciso dunque di ispezionare utilizzando il metodo non intrusivo di ScanVan. È stata effettuata una consegna controllata e tre persone sono state arrestate. Secondo le fonti, lo scanner ha fornito immagini sospette del mobile, poiché all’interno erano visibili doppi fondi e confezioni rettangolari. Contemporaneamente, anche la coppia di cani guida presenti lì ha ispezionato e ha scoperto la droga che stava per essere trasferita nella villa Zavaleta, nel quartiere Barracas di Buenos Aires. Il personale della ha notificato la Corte Federale 1 di Jujuy, che ha ordinato il trattenimento e l’apertura dei pacchi che si sono rivelati essere 69 pacchi nascosti di cocaina con un peso finale di 72.383 chili, per un valore di oltre un milione di dollari.
In realtà, già il 3 maggio 2015 , quando le autorità messicane hanno intercettato a Puerto Progreso nello Yucatán un cargo con 2.360 litri di cocaina liquida, una delle ultime modalità per occultare la sostanza (avvenire.it). A sorprendere non era solo l’enorme quantità di droga, ma la provenienza dell’imbarcazione: Buenos Aires. Il redditizio carico era stato spedito da César Cornejo Miranda, chimico messicano agli ordini del cartello di Sinaloa, a cui era destinata la “merce”. Da periferia dell’industria del narcotraffico, l’Argentina è diventata, negli ultimi anni, un fondamentale centro di produzione di cocaina e pasticche, e un trampolino di queste ultime verso l’Europa. Da tempo la Chiesa e le organizzazioni civili, laiche e cattoliche, hanno lanciato l’allarme. I cartelli messicani hanno iniziato la penetrazione a Buenos Aires e dintorni nei primi anni Duemila, spinti dalle necessità di rifornirsi di efedrina, componente chimico indispensabile per la creazione di metamfetamine e la trasformazione della foglia di coca in cocaina. In Argentina, i vincoli all’importazione della sostanza dall’Asia erano scarsi, e spesso solo teorici. Le aziende farmaceutiche ne potevano acquistare grandi quantitativi, senza rendere conto dell’utilizzo. Quando nel 2006 l’allora presidente messicano Felipe Calderón ha bandito l’efedrina in Messico i ‘signori della droga’ hanno intensificato gli affari nella piazza argentina, trasformando il Paese nel terzo fornitore mondiale del componente, nell’ambiguità dei govern Kirchner.
L’Argentina è anche un centro di produzione della cocaina. Un apparente paradosso, dato che la coca non vi cresce: le piantagioni sono concentrate in Perù, Colombia e Bolivia. Ma con quest’ultima l’Argentina condivide oltre 700 chilometri di frontiera, particolarmente permeabile. Gli scarsi controlli lungo il confine, da sempre, hanno consentito al contrabbando di prosperare. Ora, insieme alle merci contraffate portate nei modi più impensati dai cosiddetti bagayeros (trasportatori), passano in media 1.300 tonnellate all’anno di foglie di coca. (unoentrerios.com.ar) La stessa quantità entra dal versante paraguayano, Paese quest’ultimo di transito per la coca peruviana e colombiana. In Argentina, le foglie vengono sottoposte ad un complesso processo chimico – in buona parte a base di efedrina – e trasformate in ‘polvere bianca’. Da lì, quest’ultima prende la via dell’Europa. Via mare, occultata nei cargo, o via aerea: fonti dell’anti-droga Usa parlano di oltre 500 piste di decollo clandestine. I narcos messicani hanno le infrastrutture per garantire il ‘trasferimento’ della coca oltreoceano. Non esiste ancora un grosso mercato interno, perché la cocaina è troppo cara per la gran parte degli argentini. Però tra i ceti più umili spopolano gli scarti della lavorazione.
Negli ultimi mesi, e soprattutto nelle ultime settimane, è notoriamente cresciuto il sequestro di carichi di cocaina nel nord-ovest dell’Argentina: tra i 50 e i 100 kg al giorno. Una spiegazione degli studiosi di questo fenomeno punta sul cambiamento dei consumi negli Stati Uniti, dove il fentanil sta spazzando e sostituendo la cocaina nei settori con minori risorse economiche. Anche il Messico è teatro di questo cambiamento con morti quotidiane per strada dovute all’ingestione di questo oppioide sintetico 100 volte più potente della morfina, e questa sostanza è stata trovata nella cocaina consumata dalle 24 persone uccise nel quartiere di Puerta 8 del Buenos Aires Periferia di Aires, all’inizio dello scorso anno.
Bisogna prestare attenzione anche a quanto sta accadendo in Paraguay, con il crescente potere della mafia brasiliana Primo Commando della Capitale. Il Pcc ha lasciato testimonianze della sua presenza in Argentina e, più precisamente, a Entre Ríos.
Maurizio Stefanini*
*Roma, 1961. Giornalista e saggista, moglie e due figli, specialista in America Latina