Ha destato stupore e indignazione la conferenza stampa congiunta di Lula e Maduro nell’ambito della visita del dittatore venezuelano in Brasile.
Durante la conferenza, Lula ha infatti rilasciato alcune dichiarazioni improntate non solo al sostegno della legittimità del regime chavista, ma soprattutto all’appoggio alla narrazione di Caracas sui fatti occorsi dal 2019 in poi, quando le opposizioni venezuelane hanno tentato la carta della presidenza ad interim di Juan Guaidò quale via di uscita dalla tragedia politica ed umanitaria del Paese.
Lula ha infatti esordito ricordando come “Il Venezuela è sempre stato un partner straordinario per il Brasile. Ma per contingenze, si erano allontanati. Ho pregato i compagni amici socialdemocratici europei e negli Stati Uniti di capire che la cosa più assurda del mondo per chi dice di difendere la democrazia era negare che Maduro fosse presidente del Venezuela, essendo stato eletto dal popolo, e che pensare che un cittadino che era stato eletto per essere deputato, fosse ritenuto il presidente del Venezuela”.
Il presidente brasiliano ha poi proseguito attribuendo l’isolamento diplomatico di Caracas negli ultimi anni niente più che ad un “pregiudizio contro il Venezuela. Quante critiche ho ricevuto in campagna per essere amico del Venezuela! Io lo so quante politiche sociali sono state promosse fin dall’inizio del chavismo! Il ritorno delle relazioni bilaterali è pieno. Non ristabiliremo solo le relazioni commerciali ed economiche, ma anche le relazioni politiche, le relazioni culturali, quelle scientifiche e tecnologiche, quelle nel settore universitario, e anche nel settore militare, affinché le rispettive forze armate lavorino congiuntamente per lottare contro il narcotraffico”. E ancora, un violentissimo attacco alla figura di Guaidò, quando Lula ha ricordato che “le 31 tonnellate di oro depositate presso la Banca d’Inghilterra a Londra, erano state consegnate nelle mani di Guaidò e sottratte al governo di Maduro. Io non ho capito come un continente in cui si esercita la democrazia piena come l’Europa può accettare che un impostore potesse essere riconosciuto come presidente della Repubblica”.
Insomma, per il Capo di Stato brasiliano, fondatore assieme a Fidel Castro del Foro Di San Paolo – una sorta di internazionale dei movimenti di sinistra ed estrema sinistra in America Latina nato nel 1990-, quanto si dice sul Venezuela da anni (la violenza politica, la repressione, la distruzione economico-sociale di un intero Paese) sarebbero frutto di una narrativa ostile: “Compagno Maduro, tu sai che è stata costruita una narrativa contro il Venezuela. Bisogna mostrare un’altra narrativa sul Venezuela, affinché le persone cambino opinione…la gente non sa neanche dov’è il Venezuela. È necessario che il Venezuela costruisca una narrativa migliore. È inspiegabile che un Paese sopportino 900 sanzioni, solo perché a un altro Paese non piace il Venezuela”. E lancia l’idea di un ritorno del Brasile a relazioni piene con il Venezuela: non solo relazioni economiche, ma anche politiche, energetiche, culturali, scientifiche, tecnologiche, e sul piano della sicurezza, affinché “le forze armate dei due Paesi lavorino insieme per lottare contro il narcotraffico”.
Tutto ciò, quando Maduro e decine di altri alti gerarchi del regime chavista sono ricercati dalla giustizia americana per narcotraffico, riciclaggio internazionale, narcoterrorismo. E mentre -per fare un esempio- quello delle violenze in Venezuela rappresenta il caso con il maggior numero di testimoni ascoltati dalla Corte Penale Internazionale nell’ambito di una investigazione che prosegue da anni per massicce violazioni dei diritti umani e crimini contro l’umanità.
Andrea Merlo