L’invasione russa dell’Ucraina avvenuta nel febbraio 2022 e la coscrizione militare dello scorso autunno hanno costretto centinaia di migliaia di russi a fuggire dalla loro patria e cercare rifugio nei paesi vicini. Alcuni per il crescente autoritarismo di Putin, per il rifiuto ad arruolarsi e per gli effetti delle sanzioni economiche imposte dai paesi occidentali; altri per la preoccupazione di subire ripercussioni in caso di opposizione alla guerra e perché in cerca di una vita normale in paesi dove la libertà di espressione e il dissenso sono diritti riconosciuti e difesi. Già con l’annessione della Crimea nel 2014 molti avevano abbandonato il paese.
Non ci sono cifre esatte su quante persone hanno lasciato la Russia ma le stime variano da centinaia di migliaia a diversi milioni. Nell’analisi pubblicata dall’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo (EUAA) si riporta che in linea generale il totale delle domande di asilo presentate da vari stati, nel marzo 2023, sono state circa 92.000 e, in dettaglio, quelle presentata dai cittadini russi ammontano a 1.894. In particolare, i paesi che hanno ricevuto il maggior numero di application sono stati Germania, Francia, Spagna e Polonia rispettivamente con una percentuale di 45%, 17%, 8% e 7%.
Rispetto all’impatto che le migrazioni hanno avuto sull’economia russa, l’Istituto di politica economica Gaidar riportava che “la rapida partenza anche di poche centinaia di migliaia di russi in età lavorativa provoca un colpo visibile al mercato del lavoro.” In altri termini, ciò significherebbe perdita del capitale umano, riduzione delle assunzioni e congelamento degli investimenti.
Come gli ucraini, anche i cittadini russi sono vittime del proprio governo e di un regime sempre più totalitario. È per questo motivo fondamentale che l’Unione europea, nonostante le difficoltà, sia aperta a politiche di accoglienza e sostegno.
Federica Donati