Anche l’Uruguay è un Paese che non ha una particolare immagine di coinvolgimento con il narcotraffico, ma anche da lì notizie su questo fronte spesso arrivano. Ad esempio, il 5 maggio in conferenza stampa lo stesso Ministro della Difesa Javier García ha annunciato il sequestro di quasi una tonnellata e mezza di cocaina nel porto di Montevideo (aduananews.com). Per la precisione, 1.474 chili di cocaina in 1.400 mattoncini, con un valore stimato per l’Europa a 120 milioni di dollari, individuati in una operazione congiunta tra Prefettura Navale Nazionale, Direzione Nazionale delle Dogane, Amministrazione Nazionale dei Porti e Polizia di Stato. Lo stesso ministro ha evidenziato il lavoro congiunto nella lotta al narcotraffico, spiegando appunto che “il carico era diretto alla nave Grande Nigeria e all’interno di 32 taniche di plastica e 4 cisterne di metallo sono stati trovati in totale 1.400 mattoni di cocaina, il che significava 1.474 chili della suddetta droga”.
Anche l’Uruguay è sempre più utilizzato dalle organizzazioni del narcotraffico come scalo per la cocaina proveniente dai paesi andini la cui destinazione finale è il continente europeo. Addirittura, nel marzo del 2022 dopo una una mega operazione contro una rete dedita al riciclaggio di denaro sporco proveniente dal traffico di droga le autorità paraguayane hanno denunciato la nascita della prima organizzazione criminale legata al traffico di droga radicata in Uruguay: il Primer cartel uruguayo (Pcu) (agenzianova.com). “All’inizio non sapevamo a che si riferisse la sigla Pcu”, ha ammesso il portavoce della segreteria Antidroga del Paraguay, Francisco Ayala, in un’intervista rilasciata al portale Subrayado (subrayado.com). “Successivamente sono emersi elementi relativi alla creazione di una struttura in territorio uruguaiano denominata Primer cartel uruguayo con legami con il Paraguay”. “Riteniamo che il modello dei cartelli si sta replicando anche in Uruguay includendo le connessioni con la politica”, ha aggiunto Ayala.
Secondo l’inchiesta, alla testa del Pcu sarebbe il 31enne paraguayano Sebastian Marset, apparentemente con forti legami in Uruguay e attualmente ancora latitante (insightcrime.org). Le indagini hanno determinato che Marset era stato arrestato a ottobre del 2021 dalle autorità di Dubai per possesso di un passaporto falso del Paraguay ma che era stato poi liberato su intervento del consolato dell’Uruguay che gli avrebbe fornito un passaporto legale. Sul presunto leader del Pcu pesavano fra l’altro precedenti per traffico di droga in Uruguay risalenti al 2018. “Quanto è successo a Dubai dà un’idea del livello in cui si muove l’organizzazione”, ha affermato Ayala. L’episodio di Dubai ha dato origine ad un’interrogazione parlamentare da parte dell’opposizione.
Negli ultimi anni l’Uruguay è apparso sempre più al centro degli interessi delle grandi organizzazioni della droga. Dall’Uruguay, dove si era rifugiato negli anni di latitanza, era evaso clamorosamente nel 2019 il boss della ‘Ndrangheta Rocco Morabito (repubblica.it). Qui si era rifugiato per anni anche uno dei capi del cartello messicano di Jalisco, Gerardo González Valencia, poi estradato negli Usa nel 2020 (antimafiaduemila.com). Sono sempre più frequenti inoltre i sequestri in Europa di ingenti carichi di cocaina provenienti dal porto di Montevideo, come le 4,5 tonnellate di cocaina intercettate ad Amburgo nel 2019 in un container di soia. Un carico di oltre 600 chili di cocaina era stato scoperto successivamente anche all’aeroporto di Mulhouse in Francia all’interno di un jet privato proveniente dall’aeroporto Carrasco di Punta del Este. La lotta al traffico di droga è stata di fatto uno dei principali punti della campagna elettorale che ha portato Luis Lacalle Pou (theglobalnews.it) alla presidenza nel 2020.
Secondo diversi esperti l’Uruguay è diventato ormai il principale centro di smistamento del traffico di droga dal Sudamerica. “Nel passato l’Uruguay era percepito insieme a Cile e Costa Rica come un paese sicuro ma quella reputazione non ha più attinenza con la realtà”, sostiene il redattore capo di InSight Crime, Chris Dalby (theglobalnews.it). “La cocaina boliviana arriva al mercato europeo attraverso l’Uruguay da almeno dieci anni”, e le reti di narcotrafficanti approfittano della situazione di relativa “tranquillità” e “rilassatezza” delle autorità locali non abituate ad affrontare questioni di sicurezza particolarmente rilevanti ed impegnative come succede invece in altri stati della regione.
Maurizio Stefanini*
*Roma, 1961. Giornalista e saggista, moglie e due figli, specialista in America Latina