Continua il reclutamento di minori e la violenza contro di loro da parte della narcoguerriglia colombiana delle FARC: 3 sono i ragazzi, tra i 14 e i 16 anni, che dopo aver passato un paio di mesi nelle fila della guerriglia e aver cercato di fuggire, hanno tentato la fuga dall’accampamento. Ricatturati dai paramilitari marxisti, come prevede la “giustizia” interna delle FARC per chi abbandona il gruppo armato senza autorizzazione. I 3, una volta fuggiti dalla guerriglia, avevano cercato protezione presso la comunità indigena di provenienza (Murui) nel Dipartimento del Putumayo, chiedendo che questa si adoperasse per la loro messa in sicurezza lontano dalla zona.
Mentre era in corso la ricerca di mezzi per trasportarli a Bogotà, sono stati raggiunti da membri della Colonna “Carolina Ramirez” delle FARC -secondo il racconto di Carlos Garay Martinez, rappresentante della Commissione Diritti Umani delle popolazioni indigena nel Caquetà- che hanno barbaramente compiuto l’uccisione dei tre minorenni, davanti alla comunità indios. Le FARC hanno assunto la responsabilità dell’uccisione, anche se hanno negato che si trattasse di giovani reclutati a forza.
A seguito del brutale fatto, il governo di Gustavo Petro ha deciso di sospendere il cessate il fuoco in quattro Dipartimenti centro-meridionali della Colombia dove maggiore è la capacità di manovra dello Stato Maggiore Centrale delle FARC. In ogni caso, continua la tragedia, come da decenni, della presenza di minori di età, anche di sesso femminile, nella guerriglia (18000 soltanto dal 1996 al 2016): un fenomeno spesso alimentato a forza dai gruppi armati e narcos in conflitto, ma altrettanto spesso negato, minimizzato, giustificato; un fenomeno che, oltre ai crimini di guerra, è causa di crimini contro l’umanità ai danni degli stessi minori, quali le violenze a sfondo sessuale e di genere e crimini contro la libertà riproduttiva.
Andrea Merlo