Secondo Alexander Gillespie, professore di diritto internazionale all’Università di Waikato in Nuova Zelanda, l’esplosione della diga della centrale idroelettrica di Kakhovka, avvenuta martedì 6 maggio nella regione di Kherson, può essere considerata un crimine di guerra secondo il diritto internazionale.
Nel rimpallo di responsabilità tra Kiev e Mosca, una certezza evidenziata dall’esperto è che la distruzione di infrastrutture è da sempre praticata e considerata un metodo di guerra per indebolire e rendere difficile l’avanzamento del nemico.
Nell’articolo 8.2, lettera b dello Statuto della Corte Penale Internazionale (CPI) – l’organo giurisdizionale competente a giudicare crimini di rilevanza internazionale – viene riportato che “lanciare intenzionalmente attacchi nella consapevolezza che gli stessi avranno come conseguenza la perdita di vite umane tra la popolazione civile, lesioni a civili o danni a proprietà civili ovvero danni diffusi, duraturi e gravi all’ambiente naturale che siano manifestamente eccessivi rispetto all’insieme dei concreti e diretti vantaggi militari previsti” è configurabile come crimine di guerra. A tale proposito, il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, descrive l’accaduto come una “catastrofe monumentale umanitaria, economica e ambientale” e “un’altra conseguenza devastante dell’invasione russa dell’Ucraina”.
A questa visione può essere mossa l’obiezione che la distruzione della diga risponde a una “necessità militare”; tuttavia, con la necessità bellica non si può giustificare qualsiasi ricorso alla violenza in quanto questa deve essere declinata con il principio della proporzionalità secondo cui, nella conduzione delle ostilità, l’impiego della forza e delle armi non deve prevalere rispetto le esigenze umanitarie di protezione dei civili.
In un quadro drammatico in termini di perdite umane, disastro ambientale e recrudescenza del conflitto, le indagini sui crimini di guerra in Ucraina devono continuare e soltanto attraverso la collaborazione internazionale sarà possibile proseguire nel tortuoso percorso di fronte alla CPI per accertare le responsabilità di quanto sta accadendo.
Federica Donati