Più di 1,3 milioni di giovani russi sotto i 35 anni lo scorso anno hanno cessato di essere forza lavoro o perché sono fuggiti dal Paese, o perché stanno combattendo in prima linea. Gli effetti della carenza di manodopera cominciano già a farsi sentire, e in particolare la fuga di massa di lavoratori qualificati dopo l’invasione dell’Ucraina potrebbe danneggiare l’economia russa per generazioni
“Non credo che le autorità russe lo ammetteranno, ma abbiamo assistito a una massiccia fuga di cervelli”, ha testimoniato in una intervista a Npr Alexandra Prokopenko (npr.org). Una testimonianza di primissima mano, perché lei stessa è una giovane moscovita (www.linkedin.com) che dal dicembre del 2019 all’arile del 2022 ha lavorato come consulente della Banca Centrale Russa, e che poi con lo scoppio della guerra ha deciso di andarsene. Adesso presta servizio presso il Consiglio tedesco per le relazioni estere (dgap.org), oltre a lavorare per Carnegie Russia Eurasia Center (carnegieendowment.org). Il suo lavoro continua a concentrarsi sull’economia russa, con nuove analisi e dati pubblicati ogni settimana. Appunto, una delle sue ultime ricerche ha portato alla stima citata.
Questa massiccia perdita di talenti sembra essere una delle maggiori conseguenze economiche dell’invasione russa dell’Ucraina. E rappresenta un grosso problema per l’economia: senza lavoratori, molte aziende e imprese devono ridurre la propria forza lavoro o addirittura chiudere del tutto. Tra coloro che hanno lasciato il Paese ci sono infatti molti lavoratori formati con competenze molto richieste, come l’ingegneria o la programmazione informatica. In realtà, la Russia soffriva per carenza di manodopera anche prima dell’invasione. Il problema si è poi approfondito, con una intera generazione di lavoratori qualificati che o è espatriata, o sta combattendo in prima linea. Circa 200.000 soldati russi sono stati uccisi o feriti combattendo in Ucraina, con alcune stime che arrivano a perdite per 500 soldati al giorno. L’esercito ha mobilitato l’anno scorso 300.000 soldati, e prevede di mobilitarne quest’anno altre centinaia di migliaia. “Ora è una crisi demografica in piena regola”, confermato sempre a Npr Oleg Itskhoki, economista alla University of California, Los Angeles (itskhoki).
Nel 2022 l’economia russa ha in qualche modo retto nonostante le dure sanzioni, grazie soprattutto all’essere riuscita a vendere il suo petrolio a altri acquirenti, come Cina e India. Ma il 2023 si presenta come molto più difficile, perché le sanzioni europee sono entrate in vigore e le entrate petrolifere sono diminuite notevolmente, nel momento in cui la guerra brucia centinaia di milioni di dollari al giorno. Anche l’impatto della carenza di manodopera inizia a farsi sentire, se su pensa che tra marzo e aprile la produzione industriale russa è crollata del 5%.
“Il 2023 è l’anno delle decisioni difficili per la Russia”, ha detto Itskhoki. Secondo lui, la Russia sta per fronteggiare una carenza finanziaria che si farà via via più grave, per cui Putin dovrà o aumentare le tasse, o costringere la gente ad acquistare titoli di guerra, o entrambe le cose, con pesanti conseguenze per il consenso.
Maurizio Stefanini*
*Roma, 1961. Giornalista e saggista, moglie e due figli, specialista in America Latina