Il 13 giugno ho partecipato alla conferenza “Difendere la democrazia contrastando la disinformazione” che ho avuto il piacere di organizzare in Senato in collaborazione con l’Ambasciata degli Stati Uniti in Italia e la Rappresentanza di Taipei in Italia.
L’impulso per la tenuta dell’incontro è giunto, non casualmente, da Taiwan che deve fare i conti con la ostile manipolazione delle informazioni prodotta e diffusa da Pechino. L’appuntamento ha fornito l’occasione per un aggiornamento sulle minacce e di riflessione sul tema dimostrando di come sia sempre più centrale ed ampio l’impegno contro la crescente disinformazione e per la promozione dei valori universali della democrazia e la tutela dei diritti umani che Taipei assicura da anni e che la pandemia ha marcato in maniera indiscutibile.
Chi scrive non è certo l’unico, infatti, ad esser convinto che la partecipazione di Taiwan alle istituzioni internazionali non potrebbe che giovare a tutti. Si tratta infatti di avere finalmente Taipei come membro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dell’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile, della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e di Interpol.
La disinformazione è infatti un fattore strutturale nel disegno di espansione politica, economica e militare che la Cina persegue attraverso la Belt and Road Initiative e la cosiddetta Via della Seta che punta a raggiungere e unire, per terra e per mare, città e Paesi da condizionare economicamente attraverso un’opera di destabilizzante coercizione. Nella strategia del Partito Comunista Cinese, disinformazione, censura e coercizione economica con finalità politiche sono tutte parti di una stessa strategia.
La Repubblica Popolare Cinese non detiene certamente l’esclusiva della produzione di disinformazione. Da anni ormai, cioè almeno dal 2014, dopo le annessioni della Crimea e di alcune isole nel Mare Cinese Meridionale, siamo di fronte ad un sodalizio russo-cinese che può contare sul sostegno di alleati e proxy come Iran, Corea del Nord, Venezuela e Cuba.
C’è un’evoluzione particolarmente inquietante che a titolo esemplificativo è stata spiegata al convegno dal responsabile di una delle principali aziende multinazionali informatiche che sono più impegnate nel contrastare le strategie manipolatorie e destabilizzanti. Si tratta del reclutamento di circa un migliaio di influencer, individuati con precisione, che agiscono su diverse piattaforme nei Paesi occidentali e che sono seguiti da diversi milioni utenti. Come l’azienda ha potuto dimostrare, essi operano come veri e propri agenti reclutati dal PCC per condurre campagne di disinformazione.
Dunque, occorre continuare ad identificare e denunciare tempestivamente le minacce in questione e assicurare che la risposta dei Paesi democratici sia adeguata e coesa: dalle posizioni espresse dal G7 di Hiroshima sull’urgenza di arginare i tentativi di sovvertire l’ordine internazionale mediante la coercizione economica o la forza, allo Strategic Concept 2022 della NATO sulle pericolose operazioni ibride e informatiche di Pechino; dal sistema di sanzioni a livello UE proposto dalla Commissione Speciale del Parlamento europeo sulle ingerenze straniere, all’ecosistema di strumenti suggerito in Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa con l’adozione della risoluzione sul “diritto alla conoscenza” promossa dal Comitato Globale per lo Stato di Diritto – Marco Pannella.
Siamo sulla strada giusta in Italia, nell’UE e nell’Alleanza Atlantica? L’impegno è certamente evidente nelle molte decisioni adottate dal Parlamento europeo, nei parlamenti nazionali, al G7 e al Consiglio Atlantico. Peraltro, si tratta di un’enorme sfida in cui devono agire in modo coeso e convinto, il mondo produttivo, la società civile e le istituzioni pubbliche. Questa è la strada che stiamo percorrendo.
Sen. Giulio Terzi di Sant’Agata