Si spara sulla Croce Rossa. Non è una battuta, ma la realtà che risulta dal nuovo rapporto di una coalizione di organizzazioni umanitarie secondo cui il 2022 è stato l’anno più violento per gli ospedali e gli operatori sanitari che operano nelle zone di conflitto, da almeno una decade. Innanzitutto per quanto è avvenuto in Ucraina, dove la Russia è stata accusata di avere preso di mira gli ospedali. Ma anche a Myanmar ci sono stati fatti gravissimi, e comunque l’allarme è mondiale.
“Ignorare le linee rosse” è il titolo del rapporto (insecurityinsight.org), che è a cura di una Safeguarding Health in Conflict Coalition (safeguardinghealth.org) in cui si trovano Human Rights Watch (hrw.org) e il Johns Hopkins Center for Humanitarian Health (hopkinshumanitarianhealth.org). Con i 750 attacchi segnalati nel 2022, la Russia ha stabilito appunto il record degli ultimi 10 anni. E più della metà dei 1.989 attacchi a strutture sanitarie e lavoratori segnalati a livello globale sono avvenuti in Ucraina e Myanmar. Ciò, sebbene secondo il Diritto Internazionale attaccare i servizi medici durante un conflitto armato o anche solo interferirvi vada considerato crimine di guerra. In Ucraina “non c’è giorno senza che una struttura venga colpita”, ha affermato Christina Wille, una delle autrici del rapporto.
Alcuni degli attacchi sembravano colpire deliberatamente le strutture mediche, ha detto Wille, mentre altri erano dovuti all’uso “indiscriminato” di esplosivi nelle aree civili. Gli operatori sanitari ucraini sono stati i più colpiti da uccisioni e rapimenti, quelli in Myanmar da arresti. “Il disprezzo per la legge è contagioso”, ha detto Len Rubenstein, presidente della coalizione e professore alla Johns Hopkins University. “Quando vedi che qualcuno può farla franca attaccando ospedali e assistenza sanitaria, sei incoraggiato a farlo. La Russia non ha subito conseguenze per aver preso di mira gli ospedali in Siria, e ora seguono gli assalti a centinaia di ospedali ucraini”.
Oltre all’Ucraina, il rapporto rileva arresti e incarcerazioni di personale medico come rappresaglia per aver fornito servizi sanitari ai dissidenti in particolare in Myanmar e Iran, con 183 medici colpiti. “Abbiamo visto in Iran e Myanmar che quando le manifestazioni politiche vengono violentemente represse, il personale medico che fornisce assistenza sanitaria ai manifestanti viene arrestato”, ha detto Wille.
Nel 2023 la situazione globale non è comunque destinata a migliorare. Non solo infatti gli attacchi in Ucraina non si stanno attenuando e compaiono nuovi conflitti, ma a aprile è iniziata in Sudan una guerra civile che ha portato il sistema sanitario già in difficoltà del paese sull’orlo del collasso, con ospedali e cliniche saccheggiati e bombardati e medici rapiti.I contendenti hanno rapito medici per curare i loro feriti, il 60% degli ospedali vicino all’area del conflitto è ora chiuso, almeno 19 operatori sanitari sono stati uccisi, e i medici di Khartoum si sentono minacciati.
Purtroppo, ci sono pochi precedenti per gli attori statali che devono affrontare conseguenze legali a causa della violazione di queste leggi. Solo un caso di attacco contro una struttura sanitaria è stato perseguito con successo ai sensi del diritto internazionale, quando due ex ufficiali delle forze armate serbe sono stati condannati nel 2007 per il loro ruolo nel massacro dell’ospedale di Vukovar durante la guerra d’indipendenza croata nel 1991.
Maurizio Stefanini*
*Roma, 1961. Giornalista e saggista, moglie e due figli, specialista in America Latina