Ha destato stupore una serie di affermazioni del presidente della Colombia Gustavo Petro durante la sua visita in Germania.
Nel mezzo di una congiuntura interna molto complicata per il governo più di sinistra della storia del Paese sudamericano, tra scandali nella compagine interna, inchieste su morti sospette a palazzo, intercettazioni illegali e audio di alti funzionari che inguaiano i più alti piani della politica, Petro ha compiuto un viaggio ufficiale in Germania, dove ha incontrato l’omologo tedesco Scholz per discutere delle prospettive di pace in Colombia e delle possibili collaborazioni bilaterali sul piano del cambiamento climatico e della produzione di energie rinnovabili e pulite.
Ad attirare l’attenzione dei critici del Capo di Stato neogranadino sono stati però alcuni passaggi del discorso tenuto presso la Fondazione Friedrich Ebert, tempio della cultura politica della socialdemocrazia tedesca presieduto oggi dall’ex presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz. Parlando della storia dell’umanità negli ultimi decenni e delle sfide che la sinistra mondiale ha di fronte a sé, Petro ha toccato il tema della pagina forse più importante della storia contemporanea recente della Germania, ovvero la caduta del Muro di Berlino, momento che viene definito, dal Capo di Stato ex-guerrigliero, come l’avvio di un’ondata neoconservatrice che ha determinato la distruzione del movimento operario a livello globale, nonché la “enorme perdita dei valori della sinistra”.
Affermazioni sorprendenti, che lasciano pochi dubbi su come Gustavo Petro -accusato da molti settori politici sia colombiani che esteri di essere portatore di una piattaforma ideologica di estrema sinistra- percepisca il momento fondativo della riunificazione della Germania e della fine della guerra fredda in Europa: i fatti del 9 novembre del 1989 rappresentano, evidentemente, un’autentica disgrazia per la sinistra.
Andrea Merlo