È stato giustiziato il 21 giugno nella prigione centrale di Sanandaj Hemin Mostafaei: un prigioniero curdo arrestato il 1° marzo 2013 con l’accusa di aver ucciso Ebrahim Mohammadi, un ex membro del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche. Era stato condannato a morte dopo che la sua confessione era stata trasmessa dalla Press Tt di proprietà dello stato iraniano. Ma fonti vicine alla sua famiglia affermano che l’uomo aveva ceduto sotto le intense torture fisiche e psicologiche a cui era stato sottoposto e che non aveva avuto altra scelta che assumersi la responsabilità dell’omicidio. Il 19 era stato dunque trasferito in isolamento in preparazione della sua esecuzione. I suoi familiari e attivisti per i diritti umani si erano riuniti davanti al carcere per cercare di fermare l’esecuzione, ma senza successo.
Non è che uno degli ultimi episodi di una storia di repressione che la Premio Nobel per la Pace 2003 Shirin Ebadi nella conferenza stampa che ha fatto a Lignano Sabbiadoro il 23 giugno, il giorno prima di ricevere il Premio Hemingway 2023, ha definito “fortissima con più di ventimila arresti, seicento manifestanti uccisi, alcuni impiccati”. “Sono oltre 500 i manifestanti uccisi durante le proteste iniziate nel settembre 2022 dalle forze di sicurezza e paramilitari. Tra questi almeno 71 minorenni di età compresa tra gli 11 e i 17 anni. Le persone arrestate sono oltre 20.000. Sette manifestanti sono stati impiccati e decine di altri rischiano di essere messi a morte in tempi brevi”, aveva pure confermato il giorno prima Amnesty International Italia nel consegnare all’ambasciata iraniana a Roma oltre 112.000 cartoline per dire no alle violenze e alle gravi violazioni dei diritti umani in corso da mesi in Iran, raccolte assieme alle Coop in una giornata di mobilitazione nell’ambito della campagna “Close the gap” per la parità di genere promossa dalle cooperative di consumatori. “In tutto l’Iran centinaia di scuole sono state attaccate con gas tossici che hanno causato malesseri e gravi danni a migliaia di alunne”, puntualizzava inoltre la denuncia. Le cartoline da ritagliare, sottoscritte da soci Coop e cittadini, raffiguravano simbolicamente una ciocca di capelli come quella che ha portato all’uccisione della giovane iraniana Mahsa Amini a Teheran nel settembre scorso.
“La lotta per la democrazia e per i diritti umani è un compito del popolo iraniano, un obiettivo raggiungibile”, ha ricordato Shirin Ebadi, che è in esilio a Londra ed è stata più volte minacciata di morte dal regime di Teheran. “La nostra sola richiesta alla comunità internazionale è che non aiuti il regime nella sua sopravvivenza, che eviti accordi economici e rapporti che possano sostenerlo e legittimarlo”.
Maurizio Stefanini