“Mio fratello è detenuto in permanente condizione di tortura fisica e psicologica, in mezzo a zanzare, formiche e ratti”.
Queste le drammatiche parole con cui Ana Belkis, sorella di José Daniel Ferrer Garcia, diffonde la testimonianza dei familiari che hanno potuto avere un contatto diretto con il noto detenuto politico. José Daniel, leader della Unione Patriottica Cubana e prigioniero di coscienza dall’agosto del 2021, da mesi era tecnicamente “desaparecido”, poiché il regime non dava modo alla famiglia di compiere visite periodiche e avere contatti di alcun genere.
Da tutto il mondo, per settimane, si sono rincorse iniziative nonviolente affinché il castrismo desse prova di esistenza in vita del noto dissidente: Nelva, la moglie di José, ha in particolar modo insistito con numerosi messaggi via social network e drammatici appelli per ottenere prova di vita, oltre alla liberazione immediata.
Il 22 giugno, finalmente le autorità carcerarie hanno convocato la famiglia per consentire una breve visita: quanto sufficiente, però, per avere certezza che José Daniel è vivo. Le sue condizioni di salute sono apparse tuttavia disastrose. Le condizioni in cui versa il dissidente sono puntualmente descritte proprio dalla sorella con un video che ha fatto il giro del mondo, in cui si sottolinea la crudeltà e l’inumanità della detenzione cui è sottoposto il leader della UNPACU. Malato, pieno di dolori definiti “paralizzanti”, quasi impossibilitato a camminare, con forte diminuzione delle capacità visive.
E come se non bastasse, vessato dal G2, lo spietato servizio di intelligence castrocomunista, i cui agenti lo deridono e minacciano: “se vuoi che smettiamo, basta solo che accetti l’esilio”.
Andrea Merlo