La dottrina degli Stati Uniti secondo la quale l’Iran stia infrangendo la risoluzione numero 2231 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU appoggiando la Russia attraverso la fornitura di droni (e non solo), è stata rafforzata dalla recentissima minaccia iraniana di utilizzare il missile balistico Khorramshahr a lungo raggio, che con i suoi 2000 km di gittata, a detta di Teheran, potrebbe raggiungere non solo Israele, ma anche l’India e la Grecia. Oltre a ciò, si noti che, secondo fonti israeliane, nell’impianto di Fordow a sud di Tehran una visita non concertata di due ispettori atomici delle Nazioni Unite avrebbe riscontrato – sempre poche settimane fa – una soglia di purezza dell’uranio dell’83%.
Per il JPCOA essa sarebbe dovuta rimanere di poco superiore al 3%, mentre l’IAEA sostiene in documenti ufficiali che quella del 60% è già stata oltrepassata.
Il Generale Mark Milley, lo scorso marzo davanti al Senato americano, ha detto che «L’Iran potrebbe produrre una quantità sufficiente di materiale fissile per un’arma nucleare in 10-15 gironi, e che servirebbero solo diversi mesi per produrne una effettiva».
I micro-accordi come quello sancito dopo l’incontro in Oman sono sgraditi sia a Israele che al potere legislativo americano, che ormai può opporsi alla firma presidenziale di un nuovo accordo ufficiale con l’Iran.
Una nota Reuters del 19 giugno, subito ripresa da IranIntl, preannunciava che il raduno parigino del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana (NCRI) non si sarebbe tenuto, per qualche ragione politica legata al tentativo di de-escalation con il regime iraniano; invece la manifestazione di Parigi è avvenuta con successo, nelle stesse ore in cui ad Auvers-sur-Oise si teneva un’edizione portentosa del vertice mondiale per un Iran libero (Free Iran World Summit 2023. Onward to a Democratic Republic), a cui ho avuto l’onore di partecipare anche essendo membro del Comitato interparlamentare per un Iran libero.
Al vertice erano presenti Mike Pence, John Bolton, Wesley Clark, Joe Lieberman, Liam Fox, John Bercow, e molti altri rappresentanti della politica e delle istituzioni a livello globale, espressione di idee sia conservatrici che progressiste.
L’Iran è rimasto disorientato dalla reazione dei mercati europei, quando prevedeva un sensibile aumento delle richieste di forniture di idrocarburi da parte dell’Europa. Questo non è avvenuto e il regime ha continuato a utilizzare la soglia di purezza dell’uranio come leva per ogni richiesta al rialzo soprattutto verso Parigi ma anche con la Casa Bianca.
In un contesto dove l’interoperabilità dual-use tra Iran, Russia e Cina è assodata ed è una minaccia ancora più insidiosa se si guarda alla pericolosa “redistribuzione” del potere a Mosca.
Un quadro allarmante che, come prima richiamato, sta spingendo rapidamente gran parte dei parlamentari americani, democratici e repubblicani, a ricompattarsi sugli obiettivi della politica estera, contro le minacce di Cina, Iran, Cuba, oltre che della Russia di Putin.
Questi posizionamenti politici sono stati chiaramente visibili anche al summit di Auvers-sur-Oise, esemplificati da un discorso bipartisan e assai articolato di Joe Lieberman. Il Presidente Biden dovrà farne tesoro.
Maryam Rajavi, la Presidente eletta del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, ossia la maggior forza di opposizione al regime dei mullah, è stata la protagonista politica indiscussa di questo evento mondiale.
Una donna con elevate qualità morali, culturali e spirituali.
E proprio Joe Lieberman, noto come grande cultore dei presidenti John Adams e George Washington in relazione ai fondamenti religiosi della società americana, nel suo lungo discorso parigino ha messo in risalto i valori della fede e della libertà, citando parallelamente l’esempio proprio di Rajavi e cioè di una donna fortemente religiosa che crede nella libertà: libertà di culto, ma anche libertà di non credere.
Maryam Rajavi ha poi sottolineato – in totale sintonia con John Bolton – i rischi collegati alla disinformazione, ai sabotaggi, agli attentati (persino contro i familiari dei politici che sono nel mirino del regime iraniano, a livello globale), sottolineando la storia della lotta delle donne iraniane contro la misoginia del regime ed i sacrifici compiuti come PMOI/MEK.
Rajavi ha definito «inevitabile» il rovesciamento del brutale regime iraniano.
Tra l’altro, proprio l’ex direttore dell’FBI Louis Freeh, a margine dell’iniziativa, ha dichiarato circa il regime change a Teheran e i diritti umani che «La dittatura ora sopravvive con la repressione, la disinformazione e la tortura. […] ma la violenza delle repressioni ci mostra la debolezza estrema di chi le pratica».
Giulio Terzi di Sant’Agata