Speaker della Camera dei Comuni dal 22 giugno 2009 al 4 novembre 2019, John Bercow divenne famoso per gli stentorei “Order” con i quali cercava di rimettere ordine anche nelle sedute più burrascose (youtube.com). È stato presente sia al Free Iran World Summit del primo luglio a Parigi (theglobalnews.it) che all’incontro con Maryam Rajavi (theglobalnews.it) del 12 luglio alla Camera dei Deputati italiana (theglobalnews.it).
“Voglio indicare tre punti chiari. Innanzitutto, il cambiamento è a portata di mano”, aveva detto a Parigi (ncr-iran.org). “Il fatto di diritti umani eclatanti non è sinonimo dell’inevitabilità della loro continuazione. Proprio come la velocità delle comunicazioni moderne è un fenomeno sorprendente da vedere, così lo è anche la velocità con cui un regime apparentemente dominante costruito sulla sabbia può, deve e prima o poi crollerà sotto l’impatto della pressione pubblica. Il secondo punto che devo dire, signore e signori, lo considero un consiglio di disperazione e una scioccante dimostrazione di cinismo politico da parte del regime bestiale e criminale omicida in Iran: l’idea di Tina. Tina sta, ovviamente, per ‘non c’è alternativa’ (= there is no alternative) o nessuna alternativa che non porti immediatamente al caos. Perché dico quale scioccante cinismo? Ebbene, Khamenei e Raisi – e tra l’altro, nessuno dei due è degno di pulire gli stivali di nessuno qui presente oggi – non possono iniziare a concettualizzare, ancor meno ad articolare, la difesa del proprio record, il loro risultato economico, che è disastroso, la loro violazione dei diritti umani, che è eclatante, il loro disprezzo per i principi di base del buon governo, che è implacabile e continuo, e quindi a loro rimane la patetica, debole, spregevole posizione di retroguardia di spiegare che non possiamo davvero dire molto bene di noi stessi. Ma non c’è alternativa per il caos che ne seguirebbe.”
“Naturalmente, è tutta una questione di battaglia di volontà. E dico la battaglia di volontà perché se riescono a persuadere le persone che non fanno parte del loro regime a essere intorpidite dall’apparente inevitabilità di tutto ciò e ad attirare la vittima della mostruosa menzogna che non si può fare nulla al riguardo. E, naturalmente, quell’argomentazione sfocia nettamente in quella che chiamerò, se posso così rendere dignitosa, cosa che probabilmente non dovrei, la tesi dell’appeasement. La tesi della pacificazione è: beh, non sono molto carini, ma dobbiamo placarli. Dobbiamo riconoscerli. Dobbiamo accontentarli. Dobbiamo, in una certa misura, nel bene e nel male, accettarli. Ma nessuna di queste cose è vera, nemmeno per un momento”.
Stessi concetti ripetuti a Roma. “Non c’è il minimo segnale di una possibile evoluzione in Iran finché continua questo regime”. “Non c’è spazio per l’appeasement” “L’appeasement fallisce sempre”. “Bisogna appoggiare chi crede nella democrazia. Non tiranni, macellai, demagoghi”. “Lo Stato di Diritto è ciò che noi abbiamo da tanto e a loro è negato”.
Parlando con The Global News, Bercow ricorda che “se vado indietro nelle mie memorie politiche, torno fino rovesciamento dello Scià. Un regime di carattere brutale, cleptocratico, dittatoriale. Ms dopo 44 ci vuole una nuova ripartenza positiva. Io credo che tutti al mondo vogliono essere liberi, poter scegliere i propri loro leader e i propri rappresentanti, e poter cambiare la scelta dei leader e dei rappresentanti. Credo che il mio paese potrebbe avere un governo migliore di quello che ha adesso, ma è comunque una democrazia. Il pubblico può scegliere, abbiamo il governo della legge, abbiamo un giudiziario indipendente, abbiamo il controllo del Parlamento, abbiamo elezioni regolari. Trovandoci in questa posizione, io credo che abbiamo il dover di denunciare coloro che si oppongono ai diritti umani in ogni parte del mondo. Dall’Iran alla Corea del Nord. E abbiamo il dovere di fare in modo che il popolo dell’Iran possa avere a sua volta libertà di scelta. Il piano in 10 punti di Maryam Rajavi è fatto bene e gode di appoggi da parlamentari di tutto il mondo Il Consiglio Nazionale della Resistenzaa Iraniana non chiede al mondo di intervenire nelle vicende iraniane, ma chiede al mondo di smettere di appoggiare il regime. Maryam Rajavi e il Consiglio sono una possibilità di arrivare a cambi in Iran.
A Parigi e a Roma lei ha ripetuto con forza il concetto no appeasement. Citando Churchill. “Io penso che è molto comune negli affari internazionali per i diplomatici consigliare i ministri di procedere piano piano. Di trattare in modo morbido. Di conversare. Di cercare di comprendere i regimi, di conoscerli, e alla fine di accettarli. A me sembra estremamente pericoloso, perché questo non è un regime che vuole cambiare. Di più, è un regime che non vuole servire il popolo: è un regime che vuole dominare il suo popolo! Così non c’è futuro in Iran con questo regime. Se vogliamo un futuro i cui si sia governo della legge, eguaglianza di genere, rispetto dei diritti umani, rispetto della sostenibilità ambientale, nulla di ciò è possibile con questo regime. Questo regime va rimosso perché non può essere migliorato. Questo regime non può essere migliorato, va rimosso. La Signora Rajavi, con gravi rischi personali, sta guidando la lotta per la democrazia in Iran da decenni. Essendo stato Speaker di quella che forse è la più celebre democrazia de mondo, ho scelto di parlare per sostenere Mryam Rajavi e il Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana. Più i loro messaggi e gli ampi appoggi d cui godono potranno essere trasmessi ai cittadini di tutto il mondo attraverso i meccanismo dei media, tanto meglio sarà.
Maurizio Stefanini