“La Russia fabbrica le notizie, la Cina le manipola”. Questa sintesi di Giulia Pompili, giornalista del Foglio e analista di Asia-Pacifico, è in qualche modo la chiave della conferenza “Le strategie di ingerenza e influenza di potenze straniere in Italia: gli approcci russo e cinese a confronto” (fondazionegermani.org), che si è tenuta il 19 luglio 2023 dalle ore 17 alle ore 19 presso il Senato della Repubblica in Sala Caduti di Nassirya di Palazzo Madama (radioradicale.it). Organizzato dall’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici d’intesa con il Senatore Giulio Terzi di Sant’Agata e con la partecipazione del Global Committee for the Rule of Law – Marco Pannella.
“La disinformazione che proviene da Russia e Cina mina le fondamenta le nostre società libere e le nostre istituzioni democratiche”, ha ricordato come introduzione l’intervento di Giulio Terzi di Sant’Agata: che non ha potuto essere presente per altri impegni parlamentari, ma che è stato comunque letto. Ed ha aggiunto che “la disinformazione è una strategia spesso coordinata e attuata con il coinvolgimento di sodali dispotici come Iran, Venezuela, Cuba, Corea del Nord e Siria”. “La Cina ha una capacità di controllo a livello di internet maggiore di Russia e Iran: media statali robusti e un social credit system e pervasivo permettono a Pechino di controllare i comportamenti dei suoi cittadini nonché di controllare il linguaggio e le narrative da promuovere a livello internazionale”. Però Anche il Cremlino attraverso i suoi Troll è riuscito a organizzare “oltre trecento manifestazioni pro russe negli Stati Uniti negli anni scorsi”.
Sergio Germani, direttore dell’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici e esperto di disinformazione e guerra ibrida, ha ricordato come si trattava di specialità sovietiche, che la Russia di Putin ha ripreso massicciamente a utilizzare. “Dal 2015 i servizi segreti russi in Europa e in tutto l’Occidente vengono sempre più attenzionati dai servizi di controspionaggio occidentali, non solo per livelli sempre più intensi di spionaggio, ma anche per e soprattutto per molteplici attività di influenza e ingerenza e quindi che sono non solo la disinformazione ma anche gli attacchi cyber, il sostegno a forze politiche antisistema ed estremiste, l’interferenza elettorale, la penetrazione economica finanziaria in settori strategici dell’ economia, gli assassini di dissidenti e oppositori del regime putiniano con armi chimiche biologiche o materiali radioattivi”. Oggi si parla molto di disinformazione dopo che il tema è stato a lungo ignorato, ma “quella russa non è solo disinformazione: è un insieme di tecniche offensive che agiscono in maniera sinergica allo scopo di influenzare e destabilizzare il Paese bersaglio”. Motivi per cui uffici specializzati nel contrasto alla minaccia ibrida sono stati creati in molti Paesi europei e anche a livello di Ue.
Jakub Kalenský, che ha parlato in collegamento video, è appunto il vice direttore dell’European Centre of Excellence for Countering Hybrid Threats. Secondo lui, appunto, è la disinformazione russa la minaccia più grande per l’Unione Europea, e dalla Russia arriva almeno il 60% di questo tipo di materiale, per una spesa che ogni anno può essere di 1,5-2 miliardi di dollari. Il budget Ue per combattere questa minaccia è più dello zero che c’era all’inizio, ma comunque tuttora il rapporto tra i due investimenti è di 1 a 1000. Il sistema russo di ottenere obiettivi militari con metodi non militari è stato descritto non solo da ministro della Difesa ma anche influencer di regime. Ed uno di questi metodi è premiare i giornalisti che mentono: ben 300 per aver detto che non c’erano truppe russe in Crimea; 60 premiati non per reportage ma per aver partecipato alla guerra.
“A differenza che nell’Occidente democratico, dove il voto non è a somma zero e dunque ci possono guadagnare tutto, la Russia percepisce di perdere ogni volta che l’avversario guadagna qualcosa”. Poiché la strategia russa è indebolire avversario sempre, sono stati appoggiati isolazionisti indipendentisti, come Trump. O separatismi veri e propri, come Texas, Scozia, Catalogna. Poiché poi l’obiettivo è indebolire non solo istituzioni e democrazia ma anche società civile e società in generale, anche appoggio a paramilitari, gruppi violenti, criminali. Un esempio è il Pizzagate: una persona ha minacciato vite di altre persone. O l’insurrezione di Capitol Hill, sulla fake che a Trump avevano rubato elezioni. Ma anche il Covid è stato una importante occasione per spargere disinformazione in quantità.
Insomma, “minacciano le nostre vite, la salute, istituzioni”. Poiché “una delle cose più importanti per la Russia è sempre stata attaccare Ucraina”, allora dice che sono nazisti, li disumanizza, si pone la vittima sempre esso come aggressore e viceversa. “Tanti di voi penserete che la disinformazione non ha successo perché non siete voi obiettivo. Sfortunatamente tanti studi mostrano che questa strategia della Russia ha in effetti successo”. “Tanti importanti influencer continuano a ripetere bugie del Cremlino. Metà dei francesi crede in almeno una parte della propaganda russa”. “La campagna per dimostrare che Pio XII era il pontefice di Hitler è continuata fino a tre anni. E da 70 anni va avanti la storia delle armi biologiche Usa, con ‘l’ultimo episodio sui pretesi laboratori biologici della Nato in Ucraina”.
Giulia Pompili, come ricordato, è partita dalla differenza tra Russia e Cina. La Cina, ha spiegato, fabbrica notizie solo a a uso interno. Per i propri cittadini, per Taiwan e Hong Kong, contro i propri dissidenti. Ma rivolta all’Estero manipola notizie vere, piuttosto che inventare notizie fasulle. E “ciò che non è fabbricato ma manipolato è più difficile da gestire”. In effetti, in passato usava anche la Cina il metodo alla russa. Ma dal 2020-11 decise che non era più sufficiente, e aggiornò i suoi metodi. Anche la sede diplomatica cinese a Roma di via Bruxelles si mise dunque all’opera, per costruirsi un ecosistema informativo favorevole. La avvantaggiò potentemente il fatto che dal 2010 in Italia ha sostanzialmente termine il sistema di contributi statali all’economia: sia per la crisi economica; sia per la crescente polemica politica contro di essi. “Per Xi, ogni crisi è una opportunità”. Inizia dunque una serie di collaborazione proficue di Rai e Mediaset con China Media Group, il grande conglomerato di media di Stato radiotelevisivi della Repubblica Popolare. Inizia da entità filocinesi l’acquisto di spazi a pagamento su media italiani, per articoli e allegati già fatti. Una cosa che secondo le regole italiane dovrebbe essere chiaramente indicata, ma che in gran parte non lo è.
Ben presto, gran parte dei giornali europei inizia a interrompere queste collaborazioni. Ma nel 2019, assieme all’accordo sulla Vi della Seta voluto dal primo governo Conte, viene anche l’accordo tra Ansa e Xinhua, per cui l’agenzia italiana traduce semplicemente materiali di quella cinese. Dopo un anno, Ansa è costretta a mettere il disclaimer che la responsabilità editoriale è di Xinhua. E col Covid per scaricare la responsabilità del governo di Pechino sull’inizio della pandemia la disinformazione cinese raggiunge il parossismo: la notizia secondo cui esperti italiani ammetterebbero che il Covid è iniziato in Italia; i video dell’inno cinese cantato da italiani (che secondo Giulia Pompili dimostra come quando piuttosto che manipolare notizie la Cina prova a crearle alla russa lo fa sempre in modo goffo); l’immagine della Cina salvatrice che porta mascherine, in realtà debitamente pagate.
Secondo Giulia Pompili, anche la intervista di giugno a Fanpage in cui l’ambasciatore cinese minaccia rappresaglie se l’Italia esce dall’accordo sulla Via della Seta è stata “evidentemente scritta, recepita e pubblicata”. “Si fanno domande e risposte da soli”.
Già funzionario dei servizi d’intelligence italiani, Paolo Costantini ha titolato il suo intervento “Elogio della globalizzazione economica cinese: l’ approccio sistematico alla dominazione economica della Cina in Europa strumenti e modalità”. Un “elogio” che ovviamente è una provocazione. “Non ce ne siamo accorti o ce ne siamo accorti troppo tardi, ma la Cina da quando ha iniziato a capire che il mercato si era aperto e quindi il Wto aveva dato l’ ok all’ ingresso delle merci cinesi e di tutta la produzione industriale cinese nel resto del mondo, ià la Cina però era era arrivata”. Con i flussi migratori che già negli anni ’80 hanno preso di mira l’Italia e tutta l’ Europa, e con quei distretti produttivi italiani dove si andavano a insediare comunità cinesi che pian piano acquisivano know how, tecnologia e metodologia industriale da riprodurre poi in Cina. Esempio massimo, quello di Prato e del settore tessile. Un fenomeno che all’inizio non si è capito perché probabilmente non ne avevamo ancora gli strumenti per decifrarlo. Ma se si conosce la storia si sa che la Cina raramente ha fatto guerra, si è soprattutto difesa, “però ha sempre mantenuto un low profil che le ha consentito di penetrare territori e impiantare la loro mentalità”.
Si è arrivati infine a una situazione in cui la Cina ha una dominazione pressoché totale in svariati settori industriali. “Il provvedimento Gold attraverso l’ applicazione della normativa golden power che consente di intervenire su determinate operazioni di acquisizione di società strategiche da parte di soggetti non graditi allo Stato italiano su società diciamo così strategiche è un palliativo che non può più arginare una situazione in cui oggi se facciamo una tabella e incominciamo a buttare giù un po’ di numeri vedremo che sono tutti quanti a favore della economia e dell’industria cinese, che è presente con partecipazioni societarie quasi sempre di matrice governativa ovviamente in tutti gli ambienti gli assetti industriali europei”. La delocalizzazione in Cina perché produrvi costava meno ci ha trasformato da manifatturieri industriali in commercianti, che compriamo in Cina, mettiamo il nostro timbrino e poi rivendiamo altrove. E solo dopo 20 anni ci stiamo accorgendo di aver perso capacità produttiva industriale.
Ma intanto la Cina è diventata attivissima anche nel settore agroalimentare, e oggi detiene il 50% dei depositi delle riserve di grano mondiale e il 75% delle riserve di mais (contro il 12% Usa). Anche nella logistica “siamo completamente presi d’assalto da aziende cinesi che stanno cercando di penetrare in i settori portuali nei settori della logistica soprattutto portuale e dei trasporti: e non vedo grandi resistenze in Europa”.
Adesso, “mentre l’Europa si sta dissanguando economicamente nella sostegno all’Ucraina nella guerra contro la Russia”, è partita una nuova offensiva in cui la Cina sta passando alla terza fase: la dominazione finanziaria dei mercati mondiali. Un report di Credit Suisse dell’anno scorso parla di una “terza Bretton Woods”. Un progetto per far saltare il ruolo del dollaro ancorando il valore delle valute a commodities, in cui Russia e Cina sono alleate, come ha confermato la intervista in cui Nikolaj Patrušev, Segretario del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa e numero due dopo Putin, spiega che la Russia sta lavorando a un progetto per sostenere il rublo con l’oro ed altre materie prime. Esattamente quello che sta facendo anche la Cina con una proposta accolta dalla Arabia Saudita di scambio di petrolio contro renminbi o yuan. In questo schema bisogna anche ricordare che 25.000 miliardi di debito pubblico Usa sono in mano al governo della Repubblica popolare cinese.
Ultimo intervento è stato quello di Jianli Yang: fondatore e presidente Citizen Power Initiatives for China e membro d’onore Global Committee for the Rule of Law – Marco Pannella. Come è stato ricordato, partecipò alla Tienanmen, e fu incarcerato per cinque anni, di cui uno di isolamento, prima di poter andare in esilio a Washington. Quando il Dalai Lama fece 80 anni fu l’unico cinese han invitato, in una occasione in cui l’unico politico europeo presente era Marco Pannella.
A proposito del dibattito in Italia se rinnovare l’accordo con la Cina, ha consigliato di attenersi a tre principi fondamentali. Linee guida non solo per le decisioni legate alla Via della Seta, ma anche per le relazioni economiche dell’Italia con la Cina in generale. In primo, luogo la considerazione degli interessi economici. In secondo luogo, l’ impatto diretto sulla politica, la società e la sicurezza nazionale. Infine, il rischio a lungo termine di mettere l’ Italia in una posizione in cui potrebbe non essere in grado di difendere valori e principi democratici negli affari internazionali
Conte sperava di aumentare l’export italiano in Cina; Tajani dice che Italia ha ottenuto poco. Dell’accordo faceva parte una cooptazione mediatica per cui Rai e Mediaset hanno firmato accordi con media ufficiali cinesi, con la conseguenza che l’Italia pubblica non notizie, ma propaganda del Partito Comunista Cinese, e la Cina invece non dà spazio a contenuti italiani.
La Cina è un avversario sistemico della Ue, e non si fa scrupoli di colpire i Paesi che non si piegano ai suoi desiderata con pesanti rappresaglie economiche. È accaduto ad esempio a Regno Unito, Francia, Mongolia, Giappone, Thailandia, Australia, Repubblica Ceca, Lituania. La proposta di Yamg è quindi quella di rispondere con una Nato economica basata sui valori dei Paesi democratici, per cui il principio di difesa collettiva della Nato dovrebbe essere applicato in campo economico.
Maurizio Stefanini