Con una decisione inattesa e per molti versi storica, gli Stati Uniti hanno fatto sapere che il sistema di monitoraggio “made in USA” sulla coltivazione di coca in Colombia è stato sospeso. Da Washington, quindi, a partire da quest’anno, niente più dati sull’estensione delle aree dedicate alla coltivazione della pianta materia prima per la raffinazione della cocaina, droga che ogni anno miete almeno decine e decine di migliaia di vittime negli Stati Uniti. La notizia giunge piuttosto inattesa, a parere di molti osservatori, dal momento che le statistiche offerte annualmente a metà anno dall’Office for National Drug Control Policy (ONDCP) della Casa Bianca sono da decenni uno dei simboli più significativi della collaborazione bilaterale tra Washington e Bogotà sul fronte della lotta al narcotraffico e in particolare della cocaina, di cui la Colombia continua ad essere di gran lunga il primo produttore al mondo. La mossa annunciata dall’amministrazione statunitense, secondo alcuni, porrebbe fine simbolicamente alla stagione, iniziata a fine anni ’90, del Plan Colombia, un piano di aiuti e supporto USA alla Colombia per contrastare i traffici illeciti del potente stupefacente. Ciò che sorprende, soprattutto, è che la sospensione del servizio arriva in un momento di crescita storica della superficie di territorio coltivata a coca: le cifre infatti erano gradualmente e fortemente diminuite a partire dai primi anni 2000 per un decennio circa, per poi riprendere il trend in salita dal 2013 circa, quando si iniziò il negoziato di pace con la guerriglia narcocomunista FARC ad opera del governo Santos. Da quel momento, le statistiche dimostrano una costante risalita della coltivazione, di pari passo con l’incremento della produzione finale di cloridrato di coca, con la sola eccezione del 2020 che ha registrato una lieve flessione, esito della politica di mano dura del governo Duque. Dall’anno scorso però, il trend non solo sarebbe ripreso, ma ci si aspettano cifre record per l’anno 2023. Cifre che però non verranno più divulgate dalle autorità USA, che si sono difese dalle critiche (sia interne che dall’opposizione colombiana al governo Petro) parlando di “sospensione temporanea”. In una recentissima audizione al Congresso USA, l’amministrazione ha inoltre precisato che, in realtà, non si tratta di una decisione presa ora, ma di una scelta operata già due anni fa, resa pubblica e operativa però solo quest’anno. Dura la reazione, oltre che della minoranza colombiana, anche di alcuni esponenti repubblicani americani, su tutti la congressista Maria Elvira Salazar e Marco Rubio, che ha definito la scelta dell’amministrazione Biden “ridicola”. Critico anche un importante ex ambasciatore statunitense in Colombia, Kevin Whittaker: “la scelta di Washington? Francamente inspiegabile”. Per avere il polso di quanto prosperi la coca in Colombia, si dovrà d’ora in poi affidarsi alle agenzie dell’ONU, la cui attività di monitoraggio, secondo molti esperti di sicurezza, non è mai stata affidabile e precisa quanto lo era il sistema targato USA.
Andrea Merlo