Ennesimo caso di femminicidio a Cuba. Questa volta, a soccombere alla violenza omicida dell’ex partner è Yoana Echenique, ragazza di 28 anni di Pinar del Rio (città dell’ovest cubano), madre di una bimba di 3 anni.
Le organizzazioni che nell’isola si occupano di diritti delle donne, e che tengono la triste contabilità dei casi di femminicidi, ricordano che si tratta del caso 55 nel solo anno 2023, cifra allarmante di un fenomeno che non sembra però interessare il regime di Diaz Canel.
Anzitutto, secondo quanto afferma la rivista Alas Tensas (OAGT), il regime non pubblica statistiche sui delitti di femminicidio attraverso i canali della propaganda, quasi a occultare il fenomeno. In tal modo, i numeri aggiornati dalle ONG corrispondono a cifre non ufficiali. Ma c’è di più: solo poche settimane fa, quando i casi di femminicidio erano già saliti ad una cinquantina, il dittatore castrista Diaz Canel, di fronte all’Assemblea Nazionale del Potere Popolare (il “parlamento” del regime a partito unico) si era lasciato andare ad affermazioni improntate alla minimizzazione, attribuendo l’insistenza di certi ambienti circa il numero di femminicidi a Cuba ad un sistematico impegno di potenze imperialiste atto a creare un clima di insicurezza e sfiducia tra la cittadinanza cubana.
Alla minimizzazione, fa sponda anche, da parte degli organismi amministrativi del regime, l’indifferenza rispetto alle richieste delle organizzazioni femministe e dei diritti umani, che da tempo chiedono l’apertura di rifugi per la protezione delle vittime della violenza di genere, oltre all’approvazione di una legge organica contro la violenza maschile nei confronti delle donne.
La statistica continua quindi a segnare numeri drammatici nell’isola: la maggioranza delle donne uccise nel 2023 hanno perso la vita per mano del proprio compagno o ex compagno, e molte delle vittime avevano denunciato, senza conseguenze per i denunciati, gli autori di minacce ed atteggiamenti che preludevano ad azioni femminicide.
Andrea Merlo