Due giorni dopo l’anniversario dell’indipendenza avvenuta 77 anni fa, il Pakistan ha nuovamente tradito le sue minoranze.
Il 16 agosto la polizia ha arrestato 129 musulmani dopo che una folla inferocita ha attaccato almeno 20 chiese e 80 case di famiglie cristiane a Jaranwala – nello stato del Punjab a circa 115 km da Lahore – in risposta a presunti atti di blasfemia commessi da due uomini cristiani nei confronti del Corano. Il rapporto della polizia parla di “profanazione del sacro Corano e abuso del profeta Maometto”: sarebbero stati scritti commenti offensivi su alcune pagine del libro sacro che sarebbe poi stato lanciato a terra.
In Pakistan la blasfemia è considerata un reato gravissimo che può essere punito anche con la pena di morte. Dal 2021 sono circa ottanta le persone in carcere con questa accusa, la metà delle quali rischia l’ergastolo o la pena di morte. Persone che molto spesso non hanno diritto ad un giusto processo e che in alcuni casi vengono linciate o addirittura uccise.
Il 20 agosto la Conferenza episcopale del Pakistan ha indetto una “Giornata di preghiera” alla luce della situazione e degli attacchi contro la comunità cristiana. In un’intervista a Vatican News, l’Arcivescovo Joseph Arshad, Presidente della Conferenza dei Vescovi, ha dichiarato: “dovrebbe essere fatta giustizia, perché ogni volta che accadono questi incidenti, non c’è alcun esempio di punizione per queste persone, ed è per questo che queste cose accadono di nuovo”.
Il 26 agosto, per protestare contro la continua violenza contro la comunità cristiana in Pakistan, una delegazione di cristiani pakistani ha convocato un incontro presso l’Ambasciata del Pakistan a Roma. L’obiettivo è stato quello di affrontare le preoccupanti conseguenze degli attacchi recenti a Jaranwala.
L’Associazione dei cristiani pakistani in Italia ha evidenziato la necessità immediata di attenzione e di azione concreta da parte del governo pakistano per proteggere la comunità cristiana. La delegazione ha inoltre chiesto l’identificazione, l’arresto e un rapido processo per coloro che si sono resi responsabili degli attacchi violenti e odiosi a Jaranwala e ha enfatizzato la preoccupazione per l’abuso delle leggi sulla blasfemia che ha portato a conseguenze potenzialmente mortali per i cristiani e le altre minoranze. È stata inoltre sottolineata l’urgenza di adottare misure concrete per proteggere i diritti e la sicurezza delle minoranze religiose così come di provvedimenti contro ogni forma di discriminazione o violenza rivolti alle comunità più vulnerabili. È stato poi chiesto il rilascio immediato di persone ingiustamente incarcerate con accuse di blasfemia tra cui Anwar Kenneth e Shagufta Kiran.
I recenti episodi riportano alla mente il caso di Asia Bibi, la prima donna pachistana cristiana condannata per blasfemia e reclusa in carcere per 3.421 giorni. Il ministro delle Minoranze Shahbaz Bhatti e il Governatore del Punjab Salmaan Taseer furono entrambi assassinati per aver sostenuto la sua causa e aver avversato le leggi sulla blasfemia. Bibi è stata infine graziata dalla Corte Suprema del Pakistan dopo la pressione internazionale sul governo pakistano. Per garantire che Bibi potesse lasciare il Pakistan in sicurezza, il governo ha dovuto stipulare un accordo con il gruppo estremista Tehreek-e-Labbaik.
Il continuo ripetersi di gravi episodi di violenza contro i cristiani e non solo dimostrano come il sogno di Jinnah di uno stato islamico in cui tutte le religioni potessero coesistere pacificamente sia fallito. Nel 1956, lo stato ha adottato il nome di “Repubblica Islamica del Pakistan”, dichiarando l’Islam come religione ufficiale, ma non ha adottato ulteriori misure per implementare leggi islamiche “sharia”.
Ali Jinnah disse: ” Siete liberi; siete liberi di andare ai vostri templi, liberi di andare alle vostre moschee o ogni altro luogo di culto nello Stato del Pakistan. Potete appartenere ad ogni religione o casta o credo – ciò non ha a che fare in nessun modo con gli affari di Stato.”
Questa ultima ondata di violenza dimostra come il sogno di Ali Jinnah sia andato infranto.
Vas Shenoy