Non fa sconti fin dal titolo il libro “Il furto del millennio. Come la Cina ha turlupinato e depredato l’Occidente” (amazon.it) che è uscito il 26 aprile, ma che viene ora presentato a Pordenone legge (pordenonelegge.it) il 16 settembre alle 19 (pordenonelegge.it), all’Auditorium dell’ Istituto Vendramini.
Intervistati da Oscar D’Agostino, (https://www.pordenonelegge.it/autori/oscar-d-agostino), i due autori sono Fabio Scacciavillani (pordenonelegge.it) e Michele Mengoli (pordenonelegge.it). L’uno è un economista che ha lavorato al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Centrale Europea e a Goldman Sachs. È stato poi stato capo economista del fondo sovrano dell’Oman e oggi è partner di una boutique di investimento basata a New York. L’altro è giornalista e scrittore. Tutti e due sono in stretto contatto con Alberto Forchielli (albertoforchielli): imprenditore, opinionista talmente noto da avere avuto anche la consacrazione di una imitazione di Crozza (youtube.com), e esperto di Asia senza sudditanze. Scacciavillani anima con lui il podcast e canale Youtube Inglorious Bastards (youtube.com). Mengoli ha scritto con lui vari libri (ibs.it).
“Questo libro racconta la storia del più gigantesco furto nella storia dell’umanità, perpetrato dal regime comunista cinese ai danni delle economie di mercato, delle società aperte, dei loro cittadini, dei loro ricercatori, delle loro imprese e delle loro istituzioni”, è l’incipit. Una narrazione diffusa spiega infatti che la Repubblica Popolare Cinese grazie a Deng Xiaoping ha iniziato a decollare dal punto di vista economico grazie a un tipo di riforme che avrebbe esaltato le capacità insite nella cultura locale e depresse dal maoismo. L’Occidente aveva salutato queste riforme nell’idea che prima o poi la libertà politica avrebbe seguito quella economica, come avvenuto in tante altre società. Bisognava solo avere pazienza. Nel momento però in cui non solo la Cina non ha affatto liberalizzato ma ha iniziato a esportare il suo modello autocratico anche a suon di incentivi, si è affermata l’altra idea secondo cui proprio la combinazione tra capitalismo e autoritarismo offriva una miglior efficienza. Certamente più indicata per i Paesi in via di sviluppo, che così avrebbero potuto bruciare le tappe. Ma, perché no, meritevole di qualche considerazione anche da parte delle nostre società, che dalla crisi del 2008 sembrano non essersi mai del tutto riprese.
Proprio il Covid, però, ha dimostrato il modo in cui il regime cinese possa rappresentare un pericolo planetario, nel momento in cui ha silenziato per ragioni interne un pugno di coraggiosi medici che avevano denunciato il pericolo, permettendo così che il contagio investisse l’umanità intera. E poi l’economia cinese ha iniziato a ricadere su sé stessa. Occultamento del Covid a parte, il libro “rilancia l’ipotesi che il Covid possa avere la sua origine nell’Istituto di virologia di Wuhan a causa di un incidente avvenuto nel novembre del 2019, con i primi casi noti che si registrano proprio nella metropoli cinese il mese successivo”.
Ma“il fiasco nel contrasto al Covid, le rivolte contro i lockdown, l’esplosione della bolla immobiliare, l’isolamento internazionale sulla pretesa di invadere Taiwan, la guerra commerciale con gli Stati Uniti e i fallimenti della Via della Seta non hanno scalfito l’egemonia che Xi Jinping esercita sul partito, sullo stato e sulle forze armate, rinsaldata dalla nomina di suoi scherani nei gangli del potere centrale e periferico”, osservano Scacciavillani e Mengoli. Il che induce pessimismo sulla possibilità della società cinese di ottenere un cambiamento. “La faglia culturale” è lo sconsolato titolo di una Parte II articolata nei tre capitoli “La libertà individuale è estranea alla cultura cinese”, “La verità in Cina è un concetto impalpabile (anzi fuorviante)” e “La lunga ombra del confucianesimo”.
Proprio a questa cultura si deve però anche la disinvoltura con cui “negli ultimi trent’anni la Cina ha commesso un furto epocale a danno dell’Occidente, sedotto, derubato e non abbandonato, ma sfruttato con lungimirante e criminale determinazione. I metodi utilizzati sono molteplici: frodi, truffe, spionaggio, hacking, appropriazione indebita, trasferimenti coatti di tecnologia, furti di know-how, dumping, ricatti, estorsioni, guerra ibrida, disprezzo per le regole commerciali e la tutela dei brevetti, violazioni dei trattati, contraffazioni su vasta scala. Una serie di colpi sempre più audaci – messi a segno in pieno giorno, sotto gli occhi distratti o appannati delle vittime e con la complicità di potentati occidentali – che trasformano l’analisi economica e geopolitica degli ultimi anni in una spy story dai mille colpi di scena”.
L’origine di questi comportamenti sleali da parte del regime comunista di Pechino sta nell’umiliazione inflitta al Celeste Impero dalle potenze occidentali tra l’Ottocento e gli anni Cinquanta del secolo scorso. “La successiva e inarrestabile rinascita, prima militare e poi economica, della Cina si è basata su metodi truffaldini, ed è giunto il momento di aprire gli occhi davanti al più gigantesco furto nella Storia dell’Umanità”, avvertono gli autori. “ Siamo ancora in tempo per invertire la rotta e recuperare almeno una minima parte del bottino sottratto all’Occidente, alle economie di mercato, alle società aperte, alle loro imprese, alle loro istituzioni, ai loro cittadini, scienziati e ricercatori”.
Maurizio Stefanini