“El Tapòn del Darién”: questo è il nome di una delle più impenetrabili, insidiose e letali aree di selva tropicale dell’intera regione latinoamericana. Un vero e proprio imbuto geografico di poco più di 100 chilometri di ampiezza, trattandosi della foresta che unisce la Colombia a Panamà. È proprio questa una delle frontiere più calde dell’intero continente, perché è proprio attraverso questa selva che passano centinaia di migliaia di migranti provenienti da un po’ tutto il continente (anche se non mancano casi tutt’altro che isolati di migranti asiatici e africani).
Ma la maggioranza di loro è tradizionalmente di nazionalità venezuelana: è il Paese oppresso dalla narcodittatura chavista che produce da anni un esodo biblico che conta, secondo cifre delle agenzie internazionali, tra i 7 e gli 8 milioni di migranti. Quasi un quarto della popolazione venezuelana ha infatti abbandonato il Paese: una fuga continua, crescente, iniziata ben prima che Washington imponesse sanzioni contro il regime di Caracas, una fuga che configura la più grave crisi umanitaria al mondo in un Paese non in guerra, con numeri sostanzialmente pari alla crisi migratoria scatenata dalla più che decennale guerra civile siriana.
Dal Tapòn del Darièn, dove cercano di operare in condizioni proibitive anche associazioni di assistenza ai migranti e agenzie internazionali, quasi quotidianamente giungono immagini della tragedia: chi attraversa la foresta tra Colombia e Panamà affronta una vera e propria corsa a ostacoli potenzialmente mortale, trattandosi di un’area assolutamente inospitale, di un ambiente estremo e colmo di insidie naturali, dai fiumi dalle correnti impetuose alla presenza di animali selvatici di ogni tipo (serpenti, giaguari, insetti velenosi). Alle insidie della natura, si aggiungono le minacce “umane”: prima, durante e dopo l’attraversata infatti, chi migra passando per il Darièn spesso deve far fronte alla presenza di gruppi criminali dediti al traffico di esseri umani, all’estorsione, al narcotraffico. Spesso i migranti sono vittima di furti, abusi e violenze anche sessuali, senza che nessuna autorità nazionale o internazionale possa intervenire. E come se non bastasse, spesso le vittime sono minori: nel solo 2023, secondo le Nazioni Unite, sono più di 60 mila i minorenni ad essere passati per il Tapòn del Darién, che corrisponde ad un quinto del totale dei migranti che hanno intrapreso a piedi quella rotta.
Andrea Merlo