Un recente attacco delle dissidenze FARC nel Cauca (sud-ovest della Colombia) pare confermare le preoccupazioni di molti osservatori sulla spirale di violenza e insicurezza in cui la Colombia sembra essersi riavvitata dopo anni di relativa calma.
La colonna “Dagoberto Ramos” della più antica guerriglia comunista colombiana è infatti stata protagonista di un attacco alla cittadina di Jambalò, in uno dei dipartimenti che più hanno visto sprofondare la situazione della sicurezza a causa del predominio che gruppi armati organizzati, guerriglie e narcos paiono aver ormai conquistato a spese delle istituzioni statali.
L’attacco, iniziato con l’aggressione diretta alla locale stazione di polizia, è poi proseguito con un assalto dinamitardo ad una sede del Banco Agrario, completamente sventrata e poi saccheggiata. A ciò, si è poi aggiunto uno scontro nelle vicinanze della cittadina tra i miliziani delle FARC e le forze armate: le stesse FARC hanno diffuso via Twitter un video che dimostra come da terra abbiano cercato di abbattere un elicottero militare, accorso sul posto per supportare i soldati dispiegati dalle autorità della Difesa.
Episodi di questo genere e di questa gravità non si registravano da tempo; l’atteggiamento di sfida della guerriglia, irriducibile nonostante una parte abbia lasciato la lotta armata nel 2016 grazie agli Accordi di Pace, getta un’ombra cupa sulle speranze nutrite dall’attuale presidente Petro circa la fattibilità di un accordo di “pace totale” con tutti gli attori del variegato mondo del crimine organizzato a sfondo politico, dall’ELN alle FARC. I segretariato centrale di quest’ultima ha infatti fatto capire nel suo profilo social che l’azione compiuta a Jambalò ha un destinatario preciso: il governo, e in particolare il “ministro chiacchierone” della Difesa e la “oligarchia” del Paese, accusato di “inginocchiarsi” al Comando Sud delle forze armate statunitensi.
Andrea Merlo