Aveva destato sconcerto e preoccupazione sul piano diplomatico, soprattutto in Europa e in nord America, la disponibilità a ricevere Putin in Brasile dichiarata dal presidente Lula pochi giorni fa, durante un’intervista rilasciata nel corso del G20 in India.
Il presidente brasiliano infatti, dopo aver ricordato che il prossimo vertice BRICS si terrà in Russia e che tutti i suoi membri andranno in Russia senza problemi, aveva sostenuto che il suo omologo russo sarebbe stato invitato a partecipare al G20 del 2024 che si terrà a Rio de Janeiro, nonostante il mandato di cattura emesso dalla Corte Penale Internazionale che ha impedito a Putin di prendere parte agli ultimi importanti summit multilaterali. “Se Putin viene in Brasile, non c’è modo che venga arrestato. No, non sarà arrestato. Nessuno mancherà di rispetto al Brasile. Se si arrestasse qualcuno in Brasile senza l’autorizzazione del governo, si starebbe mancando di rispetto in Brasile. La gente deve prendere sul serio il Brasile e la sua indipendenza”, aveva dichiarato Lula.
Che però ora ritratta, ricordandosi che l’eventuale procedimento di arresto su suolo nazionale brasiliano sarebbe competenza del potere giurisdizionale, e non dell’esecutivo. Ma l’autosmentita, che fa tirare un sospiro di sollievo alla diplomazia atlantica, in realtà giunge a corredo di affermazioni dal (neanche troppo vago) tono provocatorio. Il presidente brasiliano infatti, dopo aver detto che non era nemmeno a conoscenza dell’esistenza di questo “Tribunale”, chiede retoricamente come mai gli Stati Uniti non siano firmatari dello Statuto di Roma (che istituisce la CPI), e come mai neanche la Federazione Russa lo sia, celebrando invece che il Brasile abbia ratificato il trattato istitutivo. Ma, conclude, “mi sembra che i Paesi del Consiglio di Sicurezza dell’ONU siano fuori da questo organismo… e ne fanno parte solo Paesi più piccoli”. Osservazione che non corrisponde certo a verità, dal momento che Francia e Regno Unito aderiscono allo Statuto di Roma.
E difficile pensare che corrisponda a verità anche la asserita “ignoranza” luliana circa l’esistenza della Corte Penale Internazionale: il Brasile perfezionò l’adesione allo Statuto di Roma proprio durante il primo governo Lula nel 2004, e il Partito dei Lavoratori (PT) del tre volte presidente nel 2019 aveva denunciato Bolsonaro per crimini di genocidio proprio dinanzi alla Corte Penale Internazionale.
Andrea Merlo