Per la sesta volta da quando esiste il Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite, Cuba viene eletta membro. L’organismo ONU, che ha sede a Ginevra ed è il più importante foro multilaterale al mondo ad occuparsi di diritti umani, doveva infatti rinnovare i propri membri per il periodo 2024-2026, attraverso una procedura che avviene a votazione segreta tra tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite.
Da settimane era in corso una campagna internazionale, promossa anche da importanti ONG che denunciano da sempre il regime cubano come uno dei più brutali e sistematici violatori dei diritti umani: una campagna che puntava a scoraggiare il formarsi di un ampio consenso multilaterale intorno alla candidatura -tra altri regimi- di Cuba per un seggio nel Consiglio. Ma la campagna non ha avuto successo.
146 sono i Paesi che hanno infatti votato a favore dell’Avana, un numero che colloca il regime di Cuba come il più votato tra i candidati latinoamericani che erano in competizione per soli 3 seggi disponibili per il continente (gli altri tre erano Brasile, Perù e Repubblica Dominicana). Festeggia, come prevedibile, il regime castrista, che con un comunicato del Ministero degli Esteri afferma come la rielezione al Consiglio (Cuba era membro uscente) certifichi “il fermo impegno nei confronti del multilateralismo e della Carta delle Nazioni Unite”, e dimostra “il contributo che può fornire un Paese in via di sviluppo come Cuba, difensore del dialogo e della cooperazione per la promozione e la protezione di tutti i diritti umani”. Affermazioni che sfiorano il tragicomico, trattandosi di un regime che sistematicamente e notoriamente viola i diritti umani nella loro totalità sin dal primo momento della sua esistenza, e che tutt’oggi mantiene in carcere più di mille detenuti politici e prigionieri di coscienza, in frontale violazione degli standard minimi di rispetto dei diritti riconosciuti internazionalmente.
Una indubbia vittoria diplomatica per il regime più longevo e spietato della storia latinoamericana, ma una altrettanto indubbia sconfitta per la cultura dei diritti umani, e l’ennesima figuraccia per il sistema ONU.
Andrea Merlo