Con il 52% dei voti, Daniel Noboa viene eletto Presidente del Paese a cavallo dell’equatore. Sconfiggendo al secondo turno Luisa Gonzales, la candidata dell’ex presidente Rafael Correa (vive in Belgio e da lì, dove sfugge a condanne penali della giustizia ecuadoriana, dirige da anni i destini della frangia sinistra dello schieramento politico dell’Ecuador), Noboa è il più giovane capo di Stato ecuadoriano con i suoi 35 anni.
Figlio di Alvaro Noboa, il magnate dell’industria babanera nazionale più volte candidatosi senza successo alle presidenziali, Daniel governerà per un anno e mezzo circa, il tempo restante del mandato che Guillermo Lasso non ha potuto portare a termine a causa della “muerte cruzada”, la manovra con cui il Presidente uscente ha sciolto il Parlamento e decretato la fine della sua stessa presidenza nel maggio scorso. Pur sconfitto nella corsa alla prima magistratura del Paese, il correismo comunque potrà contare su una cospicua porzione di seggi in parlamento, ed è probabile attendersi un cambio di strategia nel tentativo di approfittare del breve periodo di presidenza che spetta al vincitore. Nel momento in cui i dati dello spoglio si sono consolidati diventando irreversibili, Noboa ha parlato ad una folla di sostenitori circondato da guardie del corpo e personale di sicurezza, ringraziando la sfidante Gonzales (che aveva poco prima riconosciuta la sconfitta), ed ha ribadito che il suo obiettivo è “ricostruire il Paese, duramente colpito da violenza, corruzione, odio”.
L’Ecuador, un tempo poco coinvolto dalla grande violenza del crimine organizzato che invece storicamente ha flagellato i Paesi vicini (Colombia e Perù), è da anni teatro della dilagante presenza di gruppi di crimine organizzato soprattutto transnazionale, in particolare dediti al narcotraffico e a crimini collaterali. Non pochi sono gli analisti e gli esperti di sicurezza che puntano il dito proprio contro il correismo, che ha coinciso con un incremento della presenza del narcotraffico in Ecuador. Colpisce, a tal proposito, la sovrapposizione sostanzialmente perfetta tra la mappa delle province di maggiore successo elettorale per il correismo e le aree del Paese in cui più forte è il controllo da parte delle mafie transnazionali del narcotraffico (ovvero, nelle province confinanti con la Colombia e in quelle costiere, autentici hub logistici da cui esce la gran parte della cocaina destinata ai mercati di consumo nordamericani ed europei). Tra i più indefessi accusatori del legame tra Rafael Correa e narcotraffico, da anni si distingueva Fernando Villavicencio, il giornalista e politico candidato alle presidenziali assassinato in agosto al termine di un comizio elettorale in pubblico. L’omicidio di Villavicencio è stato solo l’ultimo e più eccellente dei casi recenti di violenza politica, che ha colpito svariate figure politiche in particolare nelle province dove il narcotraffico domina lo scenario.
Aldilà delle promesse elettorali e del programma di Noboa, una cosa è certa: è il contenimento del debordante strapotere del crimine organizzato in Ecuador a rappresentare la più urgente sfida per il neopresidente.
Andrea Merlo