In questi giorni si registrano, senza sorpresa peraltro, dichiarazioni da parte di esponenti e governi dell’estrema sinistra latinoamericana di condanna di Israele e/o di giustificazionismo nei confronti dell’attacco scatenato da Hamas nel sud di Israele. Senza sorpresa, si diceva, perché in fin dei conti, a ben vedere, il rapporto tra quella parte del mondo politico latinoamericano (dittatoriale ma non necessariamente) e le espressioni più violente e crudeli della causa palestinese è storicamente tutt’altro che conflittuale, anzi. Si potrebbe scrivere volumi interi ripercorrendo la tragica, scellerata storia della connivenza e solidarietà tra dittature dell’America a sud del Rio Grande e il terrorismo palestinese, ma per la sua esemplarità, è sufficiente richiamare un momento, un giorno preciso, il 2 giugno 2010.
L’allora presidente del Venezuela Hugo Chavez, durante un discorso in pubblico, si scagliò contro Israele e Stati Uniti a seguito della vicenda della flotilla Mavi Marmara, che a largo di Gaza era stata oggetto di un’azione di contrasto portata a termine dalle Forze di Difesa Israeliane con la morte di alcuni attivisti. L’allora autocrate castrochavista pronunciò accuse durissime, che fanno parte del corredo tradizionale di una parte del mondo politico latinoamericano quando si tratta di apostrofare Israele: Stato genocida, Stato terrorista, Stato assassino. “Sia maledetto lo Stato di Israele!”, tuonava Chavez tra gli applausi degli astanti. E aggiungeva, immancabile, l’accusa agli Stati Uniti, alleato di Israele, di essere loro finanziatori del terrorismo. Per la vicenda della flotilla nel 2010, i rapporti tra Caracas e Gerusalemme toccarono il minimo storico, con la rottura unilaterale delle relazioni diplomatiche e l’espulsione dell’ambasciatore dello Stato ebraico.
Ora Chavez, come si sa, è morto da 10 anni, ma prima e dopo di lui, molti esponenti della cosiddetta sinistra “progressista” (in realtà, castrista o comunista) in quella regione continuano a pensarla come lui. E spesso non ne fanno mistero, non limitandosi a parlare, ma agendo ad esempio sul piano delle relazioni con la Repubblica Islamica dell’Iran, che aumenta e approfondisce la sua presenza nella regione ogni volta che si affacciano in alcune capitali governi di una determinata e ben precisa tendenza.
Andrea Merlo