“Se sei un uccello, preferisci morire cantando piuttosto che vivere per sempre in silenzio”. A questo proverbio cinese citato all’inizio si ispira la gabbia vuota che oscilla come un pendolo a scandire i tempi della storia di Hong Kong e della vita stessa di Jimmy Lai in The Honk Konger (thehongkongermovie): un documentario sullo straordinario personaggio che dal nulla divenne miliardario, ma poi rinunciò appunto a una vita da magnate per diventare un dissidente, e adesso è in carcere. Realizzato dall’Acton Institute (acton.org), un think tank di Grand Rapids (Michigan) la cui missione dichiarata è “promuovere una società libera e virtuosa caratterizzata dalla libertà individuale e sostenuta da principi religiosi”, il film è uscito il 18 aprile. Ma la campagna per la sua liberazione continua (freejimmylai.com), e il 16 ottobre il documentario è stato presentato anche alla sede di Roma dell’Istituto (facebook.com) con sottotitoli in italiano (vimeo.com).
“L’hong konghese” Jimmy Lai si chiamava in realtà Lai Chee-Ying, e nacque a Canton l’8 dicembre 1947. Era figlio di un uomo d’affari di successo, ma quando aveva due anni Mao prese il potere, Il padre fu bollato come “nemico del popolo”, la madre finì in campo di lavoro, e lui fu costretto a lavorare per strada. “Avevamo cinque o sei anni e ci gestivamo da soli senza un adulto in casa”, ricorda. A 8 e 9 anni portava bagagli in una stazione ferroviaria: cosa che ricorda come “un privilegio”, per la possibilità che dava di entrare in contatto con gente che veniva da fuori. “Notavo come si vestivano bene, come parlavano bene e come ci trattavano bene”. Uno di loro una volta gli diede come mancia non solo qualche moneta ma anche una tavoletta di cioccolato. Non aveva mai assaggiato niente del genere: “meravigliosa! Da dove vieni?” Da Hong Kong. “Hong Kong deve essere il paradiso”. A 12 anni vi arrivò dunque come illegale, dopo aver viaggiato da clandestino in un peschereccio assieme da altre 80-100 persone che “vomitavano tutti” per il mal di mare.
Subito legalizzato, andò il giorno stesso a lavorare da operaio in fabbrica di guanti di lana. La storia di un 13enne che mangia e dorme in una fabbrica dove faceva orari dalle 7 alle 22 potrebbe sembrare da incubo di libro di Dickens, ma per chi viene dalla Cina comunista di Mao solo il vedere tante cose da mangiare tutte assieme realizza invece un sogno. Commosso, piange dalla gioia. “Ero felice, sapevo che avrei avuto un futuro”, ricorda. Venuto con appena un dollaro in tasca, a 20 anni è già direttore. Ma decide di giocare i suoi guadagni in Borsa. Gli va bene, e con i soldi così raccolti compra la Comitex, una fabbrica di abbigliamento in fallimento. Rimettendola i sesto, si mette a produrre maglioni, che all’inizio fornisce a vari rivenditori Usa. Poi, Premiando i venditori con incentivi finanziari a Hong Kong, decide di lanciare la catena Giordano: nome preso da una pizza, e che con il suo Italian sound dà una immagine di eleganza.
Ma nel 1989 c’è la protesta di Piazza Tiananmen, Jimmy Lai distribuisce magliette di Giordano con i ritratti di leader studenteschi e iniziò a pubblicare il giornale Next Magazine, dove nel 1993 pubblica un articolo in cui definisce il primo ministro Li Peng “il figlio di un uovo di tartaruga”. In cinese è un insulto pesante, e per rappresaglia il governo di Pechino chiude tutti i rivenditori Giordano nella Cina continentale. Confronto pesante, se si pensa che in base agli accordi con Londra la Repubblica Popolare dovrà riottenere Hong Kong nel 1997. Ma Jimmy La rilancia, fondando nel 1995 quell’Apple Daily che in capo a due anni arriva a 400.000 copie, diventando il secondo giornale più diffuso sul territorio. Nel 2001 lancia anche una edizione di Taiwan di Next Magazine e nel 2003 di Apple Daily, non senza resistenze locali a volte aspre.
Durante il boom delle dot-com a fine anni ’90 Jimmy Lai ha anche lanciato adMart: consegne a domicilio all’inizio di soli alimentari, ma poi anche di elettronica e forniture con ufficio. Ma va male e chiude: Jimmy Lai ammette di aver sbagliato strategie.
avviato un’attività di rivenditore di generi alimentari basato su Internet che offriva servizi di consegna a domicilio, adMart. L’azienda ha ampliato il suo campo di azione per includere anche elettronica e forniture per ufficio, ma è stata chiusa dopo aver perso tra 100 e 150 milioni di dollari. Lai attribuì questo fallimento aziendale ad un’eccessiva fiducia e a una mancanza di una pratica strategia aziendale. In compenso, verso la fine del 2013 Lai ha speso circa 73 milioni di dollari per acquistare una quota del 2% nel produttore di elettronica taiwanese Htc.
Soprattutto, però, Jimmy Lai inizia a finanziare massicciamente i movimenti pro-democrazia in Cina, donandovi milioni di dollari. Il documentario spiega che lo hanno molto impressionato le letture di Friedrich von Hayek, in particolare The Road to Serfdom, e Milton Friedman. Ma la scoperta del pensiero liberale si innesca comunque nel suo vissuto. “Io sono nato in Cina, ho passato la mia infanzia in Cina. So cosa vuol dire vivere sotto il regime autoritario cinese”, ha spiegato in una intervista al New York Times. Peraltro il documento rileva comunque la chiara malafede del regime comunista cinese nel sottoscrivere con Londra l’accordo per “un Paese, due sistemi”. Il continuo lavorio del governo di Pechino per svuotare le vestigia di democrazia e Stato di diritto a Hong Kong porta alle proteste di massa passate alla storia come “Rivolta degli Ombrelli”, per lo strumento con cui i manifestanti cercando di proteggersi da idranti e lacrimogeni.
Come sostenitore, finanziatore e leader del movimento, Jimmy Lai è attaccato duramente. Nell’agosto del 2014 la sua casa è perquisita dalla polizia e le sue donazioni sono messe sotto esame. Nel 2015 assalitori col volto coperto gettano bombe Molotov contro la sua abitazione. La sua auto è speronata; nel vialetto davanti casa gli lasciano un machete, un’ascia e messaggi minatori. Infine, il 28 febbraio 2020 Lai è arrestato: per assemblea illegale durante le Proteste a Hong Kong del 2019-2020, nonché per aver intimidito verbalmente un giornalista durante una manifestazione del 2017. Alcune ore dopo, è rilasciato su cauzione. L’udienza è fissata per il 5 maggio 2020, ma il 18 aprile Lai è nuovamente arrestato insieme ad altri 14 attivisti di alto profilo di Hong Kong, con l’accusa di avere organizzato, pubblicizzare o preso parte a diverse assemblee non autorizzate tra agosto e ottobre 2019.
Rilasciato, è convocato in tribunale il 19 agosto, rischiando fino a 5 anni di reclusione. Il magnate dell’editoria ha affermato che combatterà fino all’ultimo contro la Legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino, di cui come si osserva nel documentario permettere al regime di far arrestare qualunque persona di qualunque cittadinanza passi per il territorio cinese dopo aver fatto una qualsivoglia critica allo stesso regime. Potrebbero essere arrestati coloro che hanno partecipato al documentario, e anche l’autore di questo articolo. “Una campana a morto per Hong Kong” che distruggerà lo Stato di diritto del territorio, la definisce Jimmy Lai.
“Quello che ho, me l’ha dato questo posto, continuerò a combattere fino all’ultimo giorno. Sarà un onore se mi sacrificherò”, dice pure in una intervista. Ma il 30 giugno 2020, la legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong è promulgata dal parlamento cinese. E il 10 agosto 2020 Jimmy Lai è arrestato, con l’accusa di aver violato la legge sulla sicurezza nazionale. Le accuse, secondo quanto riporta il South China Morning Post, sono di collusione con forze straniere e di frode. Sono stati arrestati anche due suoi figli e due dirigenti di Next Digital, la cui sede è perquisita da un centinaio di agenti, filmati dagli stessi giornalisti in diretta Facebook. Chris Yeung Kin-hing, presidente della Hong Kong Journalists Association, si dice “scioccato e inorridito”: “ciò è quel che si vede in alcuni paesi del Terzo Mondo, dove la libertà di stampa viene soppressa”. Anche il conto bancario di Jimmy Lai è congelato.
Per solidarietà i cittadini di Hong Kong acquistato in massa le copie e le azioni dell’Apple Daily, che mostra un’immagine di Lai in manette con il titolo: “Apple Daily deve combattere”. La tiratura passa dalle 70 000 copie solite a 550.000, e le azioni della Next Digital a fine giornata segnano un +331%.
L’11 agosto Lai è rilasciato su cauzione, assieme ad alcuni arrestati, ma il 2 dicembre 2020 è nuovamente arrestato dalla polizia per presunta frode, in quanto lui e due dirigenti di Next Digital avrebbero violato i termini di affitto per lo spazio degli uffici. La polizia ha fatto riferimento a un’ulteriore indagine su una possibile violazione della legge sulla sicurezza nazionale contro uno dei tre, riferendosi a Lai. Il caso è rinviato all’aprile 2021, con Lai in libertà su cauzione. L’11 dicembre 2020 Lai è la prima figura di alto profilo ad essere accusata ai sensi della nuova legge sulla sicurezza nazionale per avere, “cospirato e colluso con forze straniere per mettere in pericolo la sicurezza nazionale”: le prove, su Twitter. Il 23 dicembre 2020, Lai ottiene la cauzione dall’Alta Corte alle seguenti condizioni: deposito di HK $ 10 milioni; HK $ 100.000 di deposito da parte di ciascuno dei suoi tre garanti; rimanere sempre a casa sua, tranne quando si fa rapporto alla polizia o si partecipa ad udienze (arresti domiciliari di fatto); consegnare tutti i documenti di viaggio; vietato partecipare o ospitare interviste o programmi mediatici; vietato pubblicare articoli su qualsiasi media, pubblicare messaggi o commenti sui social media, incluso Twitter; presentarsi alla polizia tre volte alla settimana.
Il 31 dicembre 2020, la Corte d’Appello finale gli ordina di tornare in carcere. Il 9 febbraio 2021 la Corte suprema di Hong Kong nega la cauzione. Il 16 febbraio Lai è arrestato mentre è già in prigione per presunte violazioni della legge sulla sicurezza nazionale, inclusa l’accusa di aver aiutato l’attivista Andy Li nel suo sfortunato tentativo di fuggire a Taiwan con altre undici persone nell’agosto 2020. Il primo aprile 2021 è condannato insieme a Martin Lee ed altri per manifestazione non autorizzata per avere guidato il grande corteo di protesta in cui 1,7 milioni di persone hanno sfilato nell’agosto 2019. La pena di 14 mesi è annunciata il 21 aprile 2021. Il 28 maggio 2021 è condannato ad altri 13 mesi di carcere per aver partecipato a una manifestazione non autorizzata a favore della democrazia nell’ottobre del 2019. I beni di Lai sono stati tutti congelati dal governo di Hong Kong, e il quotidiano Apple Daily, il più diffuso ad Hong Kong, è stato costretto a chiudere.
“Hong Kong sta morendo”, è uno degli ammonimento che dà Lai nel documentario. E ancora: “io sono uno che crea problemi. Non posso creare problemi e poi andarmene”. “Salvando Hong Kong salvate il mondo intero”.
Maurizio Stefanini