Sono le droghe sintetiche in generale (theglobalnews.it) e il fentanyl in particolare (theglobalnews.it) i nuovi grandi allarmi sul fronte della droga (https://www.theglobalnews.it/2023/09/20/la-guerra-del-fentanil-va-allonu/). Ma non è che i “prodotti” più tradizionali nel frattempo scompaiano. Una nuova mappa della cocaina nel XXI secolo in cui i raccolti si stanno espandendo verso nord in America Latina mentre i laboratori di trasformazione della droga hanno attraversato l’Atlantico per stabilirsi in Europa (occrp.org) è stata ad esempio tracciata da “NarcoFiles: il nuovo ordine criminale” (occrp.org): un’indagine giornalistica transnazionale sulla criminalità organizzata globale, che esplora il modo in cui si innova e si diffonde in tutto il mondo.
Il progetto, guidato dall’Organized Crime and Corruption Reporting Project (occrp.org) con l’appoggio del Centro Latinoamericano de Investigación Periodística (elclip.org) è iniziato con una fuga di e-mail dall’ufficio della Procura Generale della Nazione di Colombia che è stata condivisa con i media di tutto il mondo e confrontata con centinaia di documenti, basi dati e interviste.
Nel febbraio dello scorso anno, la polizia colombiana ha intercettato infatti la chiamata di un sospetto di traffico di droga che stava organizzando una vendita all’ingrosso di cocaina a un acquirente in Messico. Il narco si vantava di avere a portata di mano una quantità significativa da poter consegnare a Denver, a Miami e in tutti i Caraibi.
Appena un decennio fa la droga proveniva sempre dalla Colombia o dalle regioni andine del Perù o della Bolivia, secondo uno schema che si era imposto negli anni ’90 (theglobalnews.it). Ma i tempi sono cambiati, e la coca di cui parlava il sospettato era stata coltivata in Guatemala: un Paese a 2.000 chilometri a nord-ovest dei grandi paesi produttori, che tradizionalmente fungeva piuttosto da punto di sosta e passaggio per i trafficanti.
La coca “ha dato un buon risultato”, si diceva nella telefonata intercettata. L’uomo sosteneva di avere “un centinaio di casse di scarpe bianche di alta gamma” – codice usato per indicare chili di cocaina – e “cuochi” pronti per iniziare a lavorare in Guatemala e Messico. Questa delocalizzazione delle coltivazioni di coca e la loro successiva lavorazione sono state determinate da diversi fattori, in particolare dalla frammentazione dei gruppi che ne controllavano il traffico. In particolare, a seguito dell’accordo di pace del 2016, il disarmo delle Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia (Farc) ha aperto la produzione di cocaina sia a gruppi nuovi che a quelli già consolidati, che hanno sperimentato nuove tecniche e catene di approvvigionamento. Le conversazioni intercettate di questo individuo a Bogotà, ad esempio, sono state registrate durante un’indagine su un gruppo dissidente delle Farc.
I dati ottenuti dal Ministero degli Interni guatemalteco mostrano infatti che la coltivazione della coca è salita alle stelle, e una espansione simile si sta verificando in paesi vicini come Honduras e Messico, mentre il Belize ha rilevato la prima piantagione di coca nel suo territorio nel dicembre 2022. Lungi dal rimetterci, i narcos stanno esportando la propria esperienza per ritagliarsi un ruolo in questi nuovi sviluppi in America Centrale e oltre.
Ma anche la lavorazione della cocaina sta venendo delocalizzata. In parallelo all’aumento della domanda in Europa, Asia e Africa, i laboratori hanno cominciato a lasciarsi alle spalle la Colombia per attraversare l’Atlantico, e ogni anno in Europa ne nascono decine di nuovi. Uno di questi, scoperto nei Paesi Bassi e gestito dal trafficante colombiano Alejandro Cleves Ossa, noto come “il re dell’eroina del New Jersey”, poteva produrre fino a 200 chili di cocaina al giorno. L’emergere di laboratori in Europa e altrove è stato facilitato da tecniche di trasporto innovative, compresi metodi sofisticati per camuffare la cocaina liquida in tessuti o altri materiali, rendendo tali spedizioni più difficili da individuare. Il traffico di droga ha infatti vissuto negli ultimi anni un “momento di innovazione”, che spazia da “come migliorare le reti, all’uso di strumenti e social network per acquistare quantità maggiori”.)
Non solo quando le FARC hanno disarmato, i gruppi dissidenti hanno mantenuto i loro interessi nel traffico di droga. Nel frattempo hanno aumentato la loro presenza altre bande, come quelle albanesi o quelle serbe (theglobalnews.it).
Il risultato è che il traffico di cocaina è ora molto meno centralizzato: sono coinvolte più persone e ciò crea più opportunità di networking e più idee su percorsi e metodi di traffico, ma anche più occasioni di violenza. Mentre un chilogrammo di cocaina viene venduto in Colombia per 1.700 dollari, può raggiungere i 15.000 dollari una volta raggiunta l’America Centrale. Producendo cocaina più vicino al punto vendita, i trafficanti possono beneficiare di prezzi più alti evitando al tempo stesso il trasporto e altri costi, oltre a ridurre i rischi che il loro prodotto venga sequestrato durante il trasporto. Gran parte della cocaina base arriva in Europa nascosta in prodotti legali. Ciò può comportare la miscelazione della cocaina con plastica fusa che viene poi rimodellata o lo scioglimento della cocaina in liquidi e il versamento della miscela per “immergerla” negli indumenti o in altri materiali. L’uso di queste tecniche, apparse per la prima volta all’inizio degli anni 2000, è aumentato notevolmente negli ultimi quattro anni.
Maurizio Stefanini