Solo 17 capi di Stato africani si sono presentati al Secondo Vertice Russia-Africa che si è tenuto a San Pietroburgo il 27 e 28 luglio, contro i 43 che erano venuti al primo vertice del 2019. E una sensazione generale è stata di flop. (cbsnews.com). L’elenco degli assenti degni di nota includeva i leader di diverse grandi nazioni africane, tra cui Bola Tinubu della Nigeria e William Ruto del Kenya, oltre a Félix Tshisekedi della Repubblica Democratica del Congo e Paul Kagame del Ruanda. Il consigliere per gli affari esteri di Putin, Yuri Ushakov, ha specificato dichiarato che mentre solo 17 capi di Stato partecipano al vertice, altri 32 Paesi africani sono rappresentati da alti funzionari o ambasciatori. Il Cremlino ha affermato che sono state le crude pressioni occidentali per scoraggiare la partecipazione delle nazioni africane a causare questa riduzione del numero di leader partecipanti; nel 2019.
È vero che l’Africa ha conti in arretrato con il colonialismo dell’Europa Occidentale, e non russo. Insomma, la Russia può essere facilitata nel “bussare alle porte” dell’Occidente in Africa, allo stesso modo in cui la Nato può essere facilitata nel “bussare alle porte” della Russia in Europa Occidentale, dove invece è Mosca che ha lasciato ricordi spesso cattivi. È una situazione del resto simile a quella dell’America Latina, e sia i leader africani che quelli latino-americani possono essere tentati di spiegare che in fondo a loro dell’Ucraina non importa nulla, e che comunque non vale la pena di rimetterci per le sanzioni.
Ma quando appunto il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha guidato una “Missione di pace in Africa” di leader del continente nelle capitali dell’Ucraina e della Russia nel tentativo di trovare un terreno comune e una soluzione politica alla guerra, Putin ha prima bombardato Kyiv nel mentre i leader africani si vedevano con Zelensky; e poi a Mosca non si è nemmeno preso la briga di ascoltare la delegazione, praticamente interrompendoli prima ancora che avessero finito di parlare, sottintendendo che non aveva senso discutere di nulla dal momento che la guerra sarebbe continuata”.
Poi la Russia ha ora deciso di interrompere l’accordo per l’export del grano mediato dalle Nazioni Unite e dalla Turchia, mettendosi poi anche a bombardare i porti ucraini e a distruggere migliaia di tonnellate di cibo. Ciò ha fatto infuriare Paesi come il Kenya, che ha criticato senza mezzi termini la decisione definendola una “pugnalata alle spalle”. Vero che la stragrande maggioranza dei quasi 33 milioni di tonnellate di grano esportati da quando l’accordo era stato raggiunto, un anno fa, non ha mai effettivamente raggiunto i Paesi più poveri del mondo, Ma comunque aveva contribuito a ridurre di oltre il 20% i prezzi dei prodotti alimentari, secondo le Nazioni Unite.
Putin ha cercato di rimediare prometendo grano gratis a sei Paesi africani ora particolarmente a rischio: Burkina Faso, Zimbabwe, Mali, Somalia, Eritrea e Repubblica Centrafricana. Sono “tra le 25.000 e le 50.000 tonnellate” nei prossimi tre o quattro mesi. Da notare che in Burkina Faso, Mali e Repubblica Centrafricana c’è la Wagner, e che l’Eritrea con uno dei governi più autoritari del mondo è uno dei pochissimi Paesi che all’Onu sulla guerra in Ucraina ha sempre votato dalla parte di Mosca, assieme a Bielorussia, Corea del Nord e Siria. 17 altri Paesi africani, incluso il Sudafrica, si sono astenuti; otto non hanno votato affatto; 28 hanno votato per condannare l’aggressione della Russia all’Ucraina.
Tra il 90 e il 100% del fabbisogno di grano della Somalia e dell’Eritrea proviene da Russa e Ucraina, sempre secondo dati Onu. Senza fare riferimento diretto alla promessa del presidente russo, il Segretario Generale delle Nazioni unite Antonio Guterres ha preso di mira giovedì le donazioni di grano ai Paesi in via di sviluppo, affermando che non possono compensare l’impatto globale del taglio delle esportazioni di grano ucraino da parte di Mosca. Putin risponde che la Russia è “pronta a sostituire il grano ucraino in Africa, soprattutto sullo sfondo di raccolti record”, sottolineando che “la quota della Russia nel mercato mondiale del grano è del 20%, quella dell’Ucraina è inferiore al 5. Ciò significa che è la Russia che contribuisce in modo significativo alla sicurezza alimentare globale chi dice il contrario “semplicemente distorce i fatti”.
Putin ha poi offerto anche agli africani condoni di debito. “Finora, l’importo totale del debito che abbiamo cancellato è di 23 miliardi di dollari”, offrendo altri 90 milioni. Il presidente russo ha inoltre dichiarato che la Russia ha firmato “accordi di cooperazione tecnico-militare con oltre 40 Stati africani” e ad addestrare le Forze armate dei Paesi africani. Putin ha inoltre annunciato altre iniziative per approfondire le relazioni con l’Africa, tra cui l’aumento delle iscrizioni di studenti africani nelle università russe, l’apertura di uffici dei media statali russi in molti Paesi africani e la proposta di uno “spazio informativo comune in Russia e in Africa, all’interno del quale saranno trasmesse al pubblico russo e africano informazioni obiettive e imparziali sugli eventi in corso nel mondo”. Ha perfino assicurato che adesso si sta studiando anche il piano di pace sull’Ucraina proposto dalla missione di Ramaphosa, e allora liquidato con freddezza. I partecipanti hanno poi firmato una dichiarazione congiunta per chiedere “l’instaurazione di un ordine mondiale multipolare più giusto, equilibrato e stabile, opponendosi fermamente a ogni tipo di confronto internazionale nel continente africano” (https://www.aljazeera.com/amp/news/2023/7/28/putin-promises-grains-debt-write-off-as-russia-seeks-africa-allies). Ma la verità è che la promessa della Russia del 2019 di raddoppiare il commercio con le nazioni africane a 40 miliardi di dollari non è stata mantenuta, e anzi il volume si è addirittura abbassato, a 18 miliardi di dollari circa da allora. Una percentuale significativa di tale commercio è con soli quattro paesi: Algeria, Egitto, Marocco e Sudafrica. “La partecipazione al forum Russia-Africa è qualcosa che spetta esclusivamente ai leader africani e noi rispettiamo la loro decisione: sappiamo che c’è stata una caduta della partecipazione rispetto al forum del 2019”, ha commentato la portavoce del Servizio di Azione Esterna dell’Ue, Nabila Massrali. “L’Ue è il primo partner dell’Africa in fatto di investimenti e sicurezza, e come è accaduto nei precedenti summit la Russia probabilmente non è capace di provvedere ad una significativa e sostanziale assistenza e cooperazione con i Paesi africani. Questo è chiaro: ci sono davvero pochi investimenti dietro la strategia della Russia”.
I rapporti economici della Russia con i paesi africani si concentrano principalmente sulle esportazioni di armi e sulla cooperazione militare, in seconda battuta sull’esplorazione energetica, l’estrazione mineraria e il commercio. Secondo i dati del Sipri (Stockholm International Peace Research Institute), Mosca è stata il maggiore fornitore di armi del continente nel periodo 2017-2021, con il 44% di tutte le importazioni di armi in Africa, davanti a Stati Uniti (17%), Cina (10%) e Francia (6%). Tra le destinazioni delle armi russe ce ne sono sia di tradizionali, come Algeria ed Egitto; sia di più nuove, come Etiopia e Nigeria. L’export di armi è per la Russia un volano per aumentare l’influenza politica ed economica, in particolare puntando al settore energetico e minerario. Esempi recenti sono quelli del Sudan e della Repubblica Centrafricana, dove Mosca è stata coinvolta inizialmente attraverso la vendita di armi e le attività del gruppo Wagner, poi vi è stato l’ingresso nel settore minerario: oro in Sudan e diamanti in Repubblica Centrafricana. Da anni inoltre compagnie petrolifere e del gas russe come Rosneft e Gazprom sono attive nel settore del petrolio e del gas in Egitto, Libia, Algeria, Nigeria, Ghana, Camerun e Mozambico. Il produttore di alluminio Rusal controlla miniere in Guinea, che ha i più grandi depositi di bauxite in Africa.
La cooperazione con i paesi africani è aumentata dopo la prima crisi ucraina del 2014, con l’annessione della Crimea e l’inizio della guerra nel Donbass. Nei quattro anni successivi sono stati conclusi almeno 19 accordi con vari paesi dell’Africa subsahariana, al di là dell’export di armamenti. Per Putin si è trattato di una strategia mirata per aggirare il progressivo isolamento occidentale e aprire un altro fronte, andando a contrastare il dominio statunitense, cinese ed anche europeo in Africa.
Inoltre, la Russia in Africa esporta massicciamente mercenari, disinformazione e destabilizzazione. Una verità drammaticamente evidenziata dal fatto che intanto che c’era il vertice in Niger un colpo di Stato ha rimosso il presidente eletto, il socialista Mohamed Bazoum. È vero che, formalmente, la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova in un comunicato ha formalmente preso le distanze. “Contiamo sul rapido rilascio del presidente Bazoum da parte dei militari”, ha detto invitando “tutte le parti in conflitto ad astenersi dall’uso della forza e risolvere tutte le controversie attraverso un dialogo pacifico e costruttivo” (ilfoglio.it). La situazione in Niger è stata attivamente “discussa a margine del vertice” Russia-Africa a San Pietroburgo ed “è molto probabile che se ne parlerà durante gli eventi del vertice che si svolgeranno oggi e domani. Questi sviluppi in Africa non possono essere ignorati, di sicuro”, ha detto pure il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.
Ma a maggio Bazoum aveva accusato la Wagner di aver lanciato una campagna di disinformazione contro di lui, nell’ambito di una più generale polemica sull’ondata di disinformazione made in Russia che si sta abbattendo sull’Africa (lemonde.fr) con un ruolo centrale dello stesso Prigozhin che poi manda in Africa la Wagner per depredarne le ricchezze (theglobalnews.it). Durante il golpe, sostenitori dei outshisti sono scesi in piazza con bandiere russe. E di nuovo bandiere russe sono state sventolate e grida di “Viva Putin” lanciate da altri sostenitori del golpe che hanno dato l’assalto all’ambasciata francese (youtube.com), dopo che i leader dell’Africa Occientale avevano dato ai golpisti un ultimatum per ridare entro sette giorni il potere a Bazoum, tuttora loro prigioniero (bbc.com). Anche meno rispetto al Consiglio di sicurezza dell”Unione africana (Ua) che ha invece concesso ai militari del Niger 15 giorni per “ritornare immediatamente e incondizionatamente nelle loro caserme e ripristinare l’ordine costituzionale”. Anche l’Unione Europea ha annunciato l’immediata sospensione degli aiuti al Niger e l’adozione di nuove sanzioni.
C’è stato un giallo si una foto di Prigozhin, che stringeva la mano a un rappresentante della Repubblica Centrafricana mentre era in corso il vertice Russia-Africa a San Pietroburgo. Twittata da Nexta Tv, rimbalzata sui social e ritwittata anche dal consigliere del ministero dell’Interno ucraino Anton Gerashenko, secondo la testata online Fontanka, non sarebbe stata scattata a margine del forum Russia-Africa ma nell’albergo Trezini di San Pietroburgo, che – sempre secondo il giornale – apparterrebbe alla famiglia di Prigozhin. Resta anche da capire quando sia stata scattata (bbc.com). Sempre secondo Fontanka, il capo del gruppo Wagner avrebbe incontrato non solo rappresentanti della Repubblica Centrafricana, ma anche di Mali e Niger.
E in effetti dopo che il golpista generale Abdourahamane Tchiani si è presentato al Paese come il nuovo uomo forte e ha rivolto una richiesta di sostegno internazionale, la Wagner ha subito risposto. Prigozhin in un’intervista a Afrique Media (reuters.com) ha detto che il battaglione è pronto a rafforzare la presenza nel continente. “Non stiamo riducendo (la nostra presenza) anzi siamo pronti ad aumentare i nostri vari contingenti”. Prigozhin ha inoltre detto che il gruppo Wagner sta adempiendo a tutti i suoi obblighi in Africa ed è pronto a sviluppare ulteriormente le relazioni con i Paesi africani. Il capo dei mercenari ha poi confermato che una nuova rotazione di forze Wagner è recentemente arrivata nella Repubblica Centrafricana in vista del referendum costituzionale con cui il presidente Faustin-Archange Touadera cerca prolungare il suo mandato.
Il generale Tchiani è apparso sugli schermi delle tv nazionali per leggere una dichiarazione in qualità di “presidente del Consiglio nazionale per la salvaguardia della Patria (CNSP)”, la giunta che ha rovesciato Mohamed Bazoum: il primo presidente eletto e succeduto a un altro dal momento dell’indipendenza, nel 1960, e uno degli ultimi partner dell’Occidente nella battaglia contro i jihadisti nella regione africana del Sahel. Tchiani ha giustificato il golpe con “il deterioramento della situazione della sicurezza” nel Paese: con il presidente Bazoum, ha denunciato, c’è stato un “discorso politico” che voleva far credere alla gente che “va tutto bene”, mentre c’era “la dura realtà con la sua quota di morti, sfollati, umiliazioni e frustrazioni”. “L’attuale approccio di sicurezza non ha permesso di mettere in sicurezza il Paese nonostante i pesanti sacrifici fatti dai nigerini e il supporto apprezzabile e apprezzato dei nostri partner esterni”: riferimento sopratuttto a Francia e Stati Uniti, che schierano nel Paese circa 1.500 e 1.100 soldati rispettivamente. “Chiedo ai partner tecnici e finanziari amici del Niger di comprendere la situazione specifica del nostro Paese per fornirgli tutto il sostegno necessario per consentirgli di affrontare le sfide”.
Appello, appunto, raccolto da Yevgeny Prigozhin. “Migliaia di combattenti di Wagner sono in grado di riportare l’ordine e distruggere i terroristi e non permettere loro di danneggiare le popolazioni locali di questi Stati”, ha detto in un messaggio vocale di Telegram. Centinaia di uomini della Wagner si trovano nel vicino Mali, su invito della giunta militare del paese, per affrontare un’insurrezione islamista che è più forte nell’area in cui si incontrano i confini di Mali, Burkina Faso e Niger. “Quello che è successo in Niger è in fermento da anni”, ha pure detto Prigozhin. “Gli ex colonizzatori stanno cercando di tenere sotto controllo la popolazione dei paesi africani e per farlo stanno riempiendo questi paesi di terroristi e varie formazioni di banditi. Creando così una colossale crisi di sicurezza”.
Ultima democrazia che era rimasta nella fascia del Sahel che va dal Mar Rosso alla costa atlantica della Guinea, ex-colonia francese indipendente dal 1960, il Niger conta circa 25 milioni di abitanti, a maggioranza di fede islamica, con sacche di popolazione poverissima che vive con meno di un dollaro al giorno. Ma ha la settima riserva di uranio del mondo: il 5 per cento, per 3243 tonnellate. Ed è sotto attacco da vari gruppi jihadisti. “La costituzione del 25 novembre 2010, così, come tutti gli istituti ad essa connessi, è sospesa. Il Consiglio Nazionale per la Difesa della Patria assume temporaneamente i poteri esecutivo e legislativo. Il presidente del Consiglio assume le funzioni e i poteri di capo di stato e rappresentante del Niger a livello internazionale”, afferma il portale ActuNiger. Tchiani ha poi criticato un approccio che a suo avviso “esclude qualsiasi vera collaborazione con Burkina Faso e Mali, nonostante condividiamo con questi due Paesi vicini la zona di Liptako-Gourma in cui si concentrano oggi le attività dei gruppi terroristici che combattiamo”. “Non possiamo più continuare con gli stessi approcci, con quelli sinora proposti, con il rischio di assistere alla scomparsa graduale e inevitabile del nostro Paese. È per questo che abbiamo deciso di intervenire e di assumerci le nostre responsabilità”.
Il fatto è che anche in Burkina Faso c’era stato a giugno un golpe: quarto colpo di stato militare in due anni nell’Africa occidentale e nel Sahel, dopo Mali, Ciad e Guinea, quando l’esercito aveva anche lì arrestato il presidente dopo aver chiesto maggiori risorse nella lotta contro i militanti islamisti. Era stata così lanciata l’etichetta di “cintura dei golpe” (arabnews.com), e sia in Mali che in Burkina Faso contro i jihadisti i golpisti hanno appunto chiamato la Wagner, dopo aver cacciato i francesi .
Socialdemocratico e membro di una minoranza arabofona, Bazoum era stato eletto il 21 febbraio 2021 al ballottaggio, con il 55,67% dei voti. Ruolo strategico contro i jihadisti a parte, tra Ue e Niger c’era anche dalla scorsa estate un partenariato operativo contro il traffico di migranti, visto che il paese è uno snodo cruciale dei flussi di persone migranti dall’Africa sub-sahariana verso le coste di Tunisia, Algeria e Libia. Giusto il 22 luglio l’Italia aveva annunciato lo stanziamento di 7,5 milioni di euro al Niger per cooperare “nella lotta la traffico di migranti e all’immigrazione irregolare nel Mediterraneo centrale”.
Dopo il golpe in Burkina Faso la comunità economica dell’Africa occidentale aveva imposto sanzioni ai membri della giunta e ai loro parenti, compreso il congelamento dei loro conti bancari. Ma la Russia, appunto, ha iniziato a offrire appoggi a questi golpisti. In Mali, un gruppo di colonnelli ha preso il potere per la prima volta nell’agosto 2020 estromettendo il presidente Ibrahim Boubacar Keita. Questo colpo di stato ha fatto seguito a grandi proteste antigovernative per deterioramento della sicurezza, elezioni legislative contestate e accuse di corruzione. Sotto la pressione dei vicini del Mali dell’Africa occidentale, i leader militari hanno accettato di cedere il potere a un governo ad interim guidato da civili incaricato di sovrintendere a una transizione di 18 mesi alle elezioni democratiche nel febbraio 2022. Ma i golpisti si sono scontrati rapidamente con il nuovo presidente ad interim, il colonnello in pensione Bah Ndaw, ed hanno fatto un secondo colpo di stato, nel maggio 2021. Il colonnello Assimi Goita, che aveva servito come vicepresidente ad interim, è stato elevato alla presidenza. Il governo di Goita ha compiuto pochi progressi nell’organizzazione delle elezioni e ha annunciato alla fine dell’anno scorso che intendeva ritardarle fino a cinque anni. La Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale ha risposto attuando dure sanzioni, compresa la chiusura dei confini dei suoi membri con il Mali. Questa azione ha aperto la porta alla crescente presenza della Russia.
In Ciad, l’esercito ha preso il potere nell’aprile 2021 dopo che il presidente Idriss Deby è stato ucciso mentre visitava le truppe ciadiane che combattevano i ribelli nel nord. Un consiglio militare ha sciolto il parlamento “per garantire la stabilità” e ha nominato il figlio di Deby, il generale Mahamat Idriss Deby, come presidente ad interim, incaricandolo di supervisionare una transizione di 18 mesi fino alle elezioni. Il Paese sta ora cercando di trovare un meccanismo di transizione.
In Guinea, il comandante del gruppo delle forze speciali, il colonnello Mamady Doumbouya, ha guidato un colpo di stato del settembre 2021 contro il presidente Alpha Conde, affermando di aver agito a causa della povertà e della corruzione. Conde aveva oltraggiato gli oppositori l’anno precedente, modificando la costituzione per aggirare i limiti di mandato che gli avrebbero impedito di candidarsi per la terza volta. Ha vinto un terzo mandato nel voto di ottobre 2020. Doumbouya lo ha rovesciato ed è diventato presidente ad interim, promettendo una transizione verso elezioni democratiche in futuro.
Questi paesi si trovano in una parte chiave dell’Africa, ricca di ricchezze minerarie ma piena di gruppi terroristici islamisti che minacciano la cittadinanza. La comunità economica dell’Africa occidentale ha imposto sanzioni ai membri della giunta e ai loro parenti, compreso il congelamento dei loro conti bancari. Ovviamente, le democrazie africane non sono propriamente un modello. Ma questi golpe minacciano un’inversione del processo di democratizzazione che l’Africa ha subito negli ultimi due decenni, e suggeriscono un ritorno all’era dei colpi di stato utilizzati come strumento durante i tempi difficili.
L’Africa subsahariana ha subito 80 colpi di stato riusciti e 108 tentativi falliti tra il 1956 e il 2001, una media di quattro all’anno. Nei primi decenni postcoloniali, quando i golpe dilagavano, i golpisti africani offrivano praticamente sempre le stesse ragioni per rovesciare i governi: corruzione, cattiva gestione e povertà. I recenti leader golpisti nella cintura del golpe hanno anche citato la povertà e la corruzione endemica.
Maurizio Stefanini