In pratica, è soprattutto facendo diventare la Siria un narcostato (coar-global.org) che Bashar al-Assad è riuscito a farsi riammettere nella Lega Araba dopo 12 anni. L’espulsione era arrivata in seguito alla dura repressione delle rivolte della Primavera Araba. In base a una decisione arrivata dai ministri degli Esteri della Lega durante una riunione di emergenza convocata al Cairo, il presidente siriano potrebbe partecipare al vertice di Gedda già il prossuimo 19 maggio. Ma Damasco dovrà rispettare alcune condizioni che sono state poste per la riammissione e che non sono state ancora rese note. “Tutti sono convinti che l’unico modo per risolvere la crisi in Siria sia la soluzione politica che viene totalmente dall’interno del Paese senza alcuna interferenza esterna”, ha detto il ministro degli esteri egiziano Sameh Shoukry. Ma Damasco dovrà ora rispettare certe condizioni. Tra queste, assieme al ritorno dei 10 milioni di rifugiati siriani senza ritorsioni e a un processo politico credibile che porti a elezioni corrette c’è anche la fine del contrabbando di stupefacenti dalla Siria nei Paesi vicini.
Non solo grazie all’aiuto di Putin, dell’Iran e di Hezbollah, infatti. Il regime di Assad è riuscito a sopravvivere soprattutto, trasformando la Siria in un narcostato la cui principale risorsa è il captagon (cnn.com). Si tratta di una potentissima anfetamina che secondo l’Intelligence britannica avrebbe fruttato all’uomo forte di Damasco ben 57 miliardi di dollari: tre volte il commercio combinato di tutti i cartelli della droga messicani. Anche i ribelli avrebbero profittato del business, ma in misura minore (asianews.it).
Definendo la Siria il principale Paese di produzione del captagon e il Libano lo snodo essenziale per lo smistamento e la vendita, la Casa Bianca ha emanato un Caesar Act (2017-2021.state.gov) che consente di sanzionare direttamente persone fisiche, giuridiche, società o aziende che fanno affari con il governo siriano, e che viene dopo un il Captagon Act 2022 (congress.gov) che aveva già parlato di “minaccia alla sicurezza transnazionale”.
Molti sono i nomi eccellenti del regime di Damasco che compaiono in questi documenti. Uno, ad esempio, è Khalid Qaddour: un uomo d’affari socio di quel Maher al-Assad che non solo è il fratello di Bashar ma anche il comandante della Quarta Divisione Corazzata dell’esercito siriano (france24.com). Un altro è Samer Kamal al-Assad: cugino del presidente siriano, sarebbe a capo dello smistamento dei carichi di captagon attraverso quel porto di Latakya che è al centro della regione da cui vengono gli Assad. Partecipano al traffico sia gli Hezbollah libanesi, sia milizie irachene filo-iraniane.
C’è poi Wassim Badi al-Assad: cugino del presidente. Imad Abu Zureik: capo di milizie paramilitari. Noah Zaitar: trafficante di armi libanese. Hassan Muhammed Daqqou: “il re del captagon” che ha spedito carichi di droga nel sud est asiatico attraverso due società registrate nella valle libanese della Bekaa. Ma il grosso del mercato è in Medio Oriente. Per questo le autorità di diversi regimi arabi hanno iniziato a ristabilire relazioni con il regime di Damasco, anche con il pretesto di portare soccorsi dopo il terremoto del 6 febbraioo.
A settembre, le autorità saudite hanno annunciato il più grande sequestro di droghe illecite nella storia del paese: 47 milioni di pillole di anfetamine nascoste in un carico di farina e sequestrate in un magazzino nella capitale. Gli analisti ritengono che è impossibile che la droga attraversi i confini senza il coinvolgimento di vari attori strettamente legati ad Assad e al suo regime.
Maurizio Stefanini*
*Roma, 1961. Giornalista e saggista, moglie e due figli, specialista in America Latina